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Pubblicità e Privacy: il caso Facebook

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 22 Novembre 2007
Aggiornato 19 Gennaio 2012 09:11

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La nuova strategia di social advertising adottata da Facebook potrebbe ledere la privacy dei propri utenti. Quali rischi per le aziende?

Sono giorno difficili questi per Facebook,il social network più famoso del momento, dopo aver annunciato nelle scorse settimane con toni altisonanti la sua nuova avventura nel campo dell’eAdvertising con un servizio rivoluzionario, Beacon.

A suscitare le polemiche generali e le accuse dirette degli attivisti di MoveOn.org, il presupposto che tale sistema implichi l’illecito accesso alle informazioni personali degli utenti del social network (gusti, preferenze, abitudini, ecc.) da parte delle aziende che sponsorizzano i propri marchi.

Una petizione online è già partita per spingere Facebook ad apportare modifiche sostanziali alla piattaforma pubblicitaria, per scongiurare il rischio di una così marcata violazione della privacy attraverso il tracciamento delle attività anche al di fuori del sito (attraverso l’utilizzo di feed e tag), e la inconsapevole condivisione di informazioni sensibili che vanno poi ad essere il soggetto vero e proprio delle campagne pubblicitarie, ad uso degli altri membri amici del network.

Ma allora, qual’è il confine fra pubblicità personalizzata e violazione della privacy?

Cosa accadrebbe se un manager d’azienda che utilizza il portale anche per motivi di lavoro vedesse compromessa la propria attività o credibilità per la contaminazione proveniente da forme di advertising basate su informazioni che magari non riguardano affatto il proprio business?

Sotto questo punto di vista, Facebook rischia di perdere il consenso delle utenze aziendali, che non possono permettersi di vedersi sottrarre dettagli sensibili in contesti che non possono controllare.

Per scongiurare grane legali e la perdita sostanziosa di utenti, Facebook dovrà introdurre un sistema di esplicito consenso alla procedura (opt-in), cosa che al momento non è assolutamente prevista, così come il rifiuto espresso (opt-out) per l’intera procedura. Al momento, bisogna rifiutare la condivisione di dati ogni singola volta che si visita un sito esterno.

Nella risposta ufficiale alle critiche, la società ha dichiarato che Beacon è informa sull’attività svolta dai membri su siti di terze parti, mettendone a conoscenza solo gli amici, attraverso news feed. Ma cosa distingue un amico da un estraneo quando si tratta di divulgare informazioni personali?

Oltretutto, a complicare le cose è giunta la denuncia di Channel 4 che, in seguito a verifiche, ha appurato che molte informazioni personali non vengono eliminate una volta che l’account non è più attivo, costringendo gli utenti ad un percorso a ritroso in tutte le pagine visitate (post, foto, commenti, ecc.). Si tratterebbe in questo caso di una violazione del Data Protection Act, che impone la cancellazione dei dati sensibili dopo un certo arco di tempo.