Con la fine della stagnazione che ha caratterizzato gli ultimi anni l’indicizzazione torna a far salire le pensioni 2018, e fra le conseguenze, oltre agli assegni più alti per coloro che percepiscono l’assegno previdenziale c’è anche l’innalzamento della soglia sotto la quale scatta il diritto all’integrazione al minimo. Si tratta del trattamento riconosciuto ai pensionati che hanno un reddito inferiore alla pensione minima. Quest’anno la pensione minima, per effetto dell’adeguamento all’inflazione, sale a 507,46 euro, e di conseguenza diventa questa la cifra di riferimento per il diritto all’integrazione al minimo.
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In altri termini: l’anno scorso avevano diritto all’integrazione al minimo i trattamenti inferiori a 501,89 euro, quest’anno invece il diritto scatta sotto quota 507,46 euro, pari a 6mila 596,46 euro all’anno. Questa è la soglia per ottenere l’integrazione piena (pari alla pensione minima), mentre l’importo scende a mano a mano che sale il reddito, fino ad esaurirsi a quota 13mila 192,92 euro (1014,84 euro al mese). Il riferimento è la legge 463/1983, che all’articolo 6 prevede i tetti sopra i quali non si ha più diritto all’integrazione al minimo. La norma differenzia fra pensionati coniugati e non coniugati.
Pensionati non coniugati: prendono l’integrazione piena se hanno un reddito fino a 6mila 596,46 euro all’anno. Se invece hanno un reddito compreso fra 6mila 596,46 e 13mila 192,92 euro, devono fare la differenza fra il tetto massimo e il reddito. Esempio: pensione di 11mila euro. Il calcolo: 13mila 192,92 euro – 11mila = 2mila 192,2. Dividendo per 13 mensilità, si ottiene un’integrazione intorno ai 168 euro al mese.
Pensionati coniugati: i redditi propri (quindi del singolo pensionati che chiede l’integrazione) devono rispettare i paletti sopra descritti. E quelli della coppia non posso essere superiori a 26mila 385,84 euro. Bisogna fare lo stesso calcolo sopra descritto,e poi effettuare la stessa operazione con il reddito della coppia (da sottrarre al reddito massimo consentito per la coppia). L’integrazione sarà pari al più basso fra i due risultati. Esempio reddito del sinolo pari a 11mila euro, reddito della coppia pari a 20mila euro. Il calcolo per il singolo è lo stesso sopra descritto (integrazione spettante 2mila 192,2 euro). Il calcolo sul reddito della coppia è il seguente: 26mila 385,84 – 20mila = 6mila 385,84. L’integrazione è pari alla cifra più bassa, quindi a 2mila 192,2 euro.
Attenzione: il paletto relativo al reddito coniugale si applica solo alle pensioni con decorrenza posteriore al 1994. Per quelle precedenti, il reddito del coniuge è irrilevante. Dal calcolo dei redditi si escludono i trattamenti di fine rapporto, la casa di abitazione, le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata, tutti i redditi non soggetti a IRPEF, e il reddito rappresentato dalla pensione da integrare.