Per l’approvazione e l’applicazione della cosiddetta tassa Airbnb, ovvero del nuovo adempimento a carico degli intermediari immobiliari in caso di affitto breve, viene rimesso tutto nelle mani della commissione europea. Questo perché secondo Airbnb, da sempre contrario al nuovo adempimento, violerebbe il diritto dell’Unione europea. In particolare la norma ostacolerebbe la libera prestazione dei servizi e sarebbe contraria alla direttiva comunitaria 1535 del 2015, che prevede una comunicazione preventiva alla Commissione delle regole tecniche riguardanti le società digitali.
=> Tassa Airbnb: avvio e sanzioni
Ad accogliere la tesi del nuovo portale dedicato agli affitti di immobili e stato il Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso al Tar di Airbnb e disposto la fissazione dell’udienza di merito da parte del Tribunale amministrativo regionale.
Ricordiamo brevemente che la cosiddetta tassa Airbnb è stata introdotta dalla manovra bis (Dl 50/2017), si applica alle locazioni per periodi inferiori ai 30 giorni e prevede l’applicazione di un’aliquota del 21%, che viene versata al Fisco direttamente dall’intermediario, anche quando si tratta di un portale online e non ha residenza fiscale in Italia.
=> Tassa Airbnb, Tar boccia il ricorso
Il Tar del Lazio aveva respinto la richiesta di Airbnb di sospendere, in via cautelare, il provvedimento dell’Agenzia delle entrate dello scorso 12 luglio, con cui era stato disposto l’obbligo di applicazione della cedolare secca sugli affitti brevi. Il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che:
«Le molteplici questioni dedotte in relazione alla paventata lesione del diritto dell’Unione Europea, appaiono meritevoli di attento apprezzamento e come tali devono essere approfondite nella più opportuna sede del merito anche in relazione all’eventuale rimessione ai sensi dell’art. 267, par. 2, Tfue».
=> Affitti brevi: istruzioni per la tassa
Si tratta della norma contenuta nel trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che stabilisce il cosiddetto «rinvio pregiudiziale», con cui un giudice nazionale solleva una questione interpretativa su una norma comunitaria alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Soddisfatto per la pronuncia della Corte, Alessandro Tommasi, public policy manager di Airbnb Italia, ha dichiarato:
«Abbiamo dovuto aspettare ma oggi vediamo finalmente riconosciute le nostre ragioni. Ora tocca al governo cogliere forte e chiaro il messaggio arrivato dal tribunale e dall’Authority, prendendo definitivamente atto che il testo così com’è non funziona e che cerotti messi all’ultimo minuto non faranno che peggiorare la situazione».