I termini di prescrizione delle frodi IVA continuano ad applicarsi ai casi precedenti la sentenza Taricco del settembre 2015, perché le norme penali sono possono essere retroattive: una nuova sentenza della Corte di Giustizia UE consente dunque ai giudici italiani di privilegiare il principio di legalità rispetto alla nuova interpretazione dell’articolo 325 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) sui doveri degli Stati Membri.
=> Frodi IVA intra UE senza prescrizione
Con la sentenza Taricco, la Corte UE aveva ritenuto la normativa italiana sulla prescrizione dei reati in materia di IVA (che scatta dopo 10 anni) una possibile violazione dell’articolo 325 TFUE perché può impedire di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, anche prevedendo termini di prescrizione più lunghi. E aveva di conseguenza stabilito che i giudici nazionali, per dare piena efficacia all’articolo 325 TFUE, disapplicassero all’occorrenza, le norme sulla prescrizione.
L’articolo 325 impone, però, obblighi di risultato che non sono accompagnati da alcuna condizione sull’attuazione. Ecco perché, secondo il parere della nuova sentenza, sono i giudici nazionali che vi danno piena efficacia assicurando al contempo il principio del diritto italiano, in base al quale la prescrizione resta soggetta al principio di legalità dei reati e delle pene (sancito nella Costituzione italiana), che impone norme penali determinate con precisione e non retroattive.
Quindi, in materia di reati IVA, i giudici italiani non sono tenuti a conformarsi ai vincoli della sentenza Taricco, neanche se questo consentisse di rimediare a una situazione nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione. Spetterà al legislatore nazionale stabilire norme sulla prescrizione.
Nel caso specifico esaminato dalla Corte UE, nel momento in cui è stato commesso il reato il regime della prescrizione applicabile non era ancora stato oggetto di armonizzazione da parte del legislatore UE. Quindi, gli interessati non potevano ragionevolmente prevedere, prima della pronuncia della sentenza Taricco, che l’articolo 325 TFUE avrebbe imposto al giudice nazionale, alle condizioni stabilite in detta sentenza, di disapplicare le suddette disposizioni. Si tratta quindi di un caso a cui va applicato il principio di legalità dei reati e delle pene, che assicura prevedibilità, determinatezza e irretroattività della legge penale applicabile.
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