Costi professionali senza rimborso IRAP

di Noemi Ricci

21 Novembre 2017 10:15

logo PMI+ logo PMI+
La Cassazione chiarisce i casi in cui va negato il rimborso IRAP, in base ai dati indicati nel quadro RE IRAP, e a chi spetta l'onere probatorio.

Con la sentenza n. 4235/2017 la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di rimborso IRAP, chiarendo quando questo va negato, precisando quali costi riportati nel quadro RE della propria dichiarazione non danno diritto al rimborso. Il caso esaminato riguardava il ricorso presentato da un professionista nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e contrario alla sentenza con la quale nel 2009 la C.T.R. del Lazio aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto del ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 1998 al 2001.

=> Rimborso IRAP: novità e approfondimenti

I giudici d’appello avevano infatti rilevato che:

“La costante ripetizione negli anni dei costi evidenziati nel quadro RE di ciascuna dichiarazione… può ben assumersi quale indice significativo circa la persistenza dell’elemento di organizzazione quale fattore idoneo alla produzione di reddito aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’attività riferibile alla sola persona del professionista”.

Per il ricorrente, i costi riportati nel quadro RE della propria dichiarazione, riguardavano “…beni mobili normalmente utilizzati per l’esercizio di qualsiasi attività libero professionale (autovettura, mobili, arredi e attrezzature di modesta entità); oneri di locazione relativi all’immobile adibito a studio professionale; spese generali e di rappresentanza…”, mentre per la C.T.R. l’esistenza di costi sostenuti e la loro costante ripetizione negli anni rappresentava un indicazione dell’esistenza di un’autonoma organizzazione.

=> Esenzione IRAP: quando c’è autonoma organizzazione

Una precisazione importante della Cassazione riguarda l’onere probatorio:

“Trattandosi di istanza di rimborso di IRAP già versata dal contribuente, l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto costitutivo della pretesa restitutoria (ossia, il carattere indebito del pagamento e, dunque, l’insussistenza dei presupposti di imposta) spettava al ricorrente (v. ex multis Cass. Civ., Sez. 5, n. 25311 del 28/11/2014, Rv. 633690; Sez. 5, n. 18749 del 05/09/2014, Rv. 632244)”.

Sulla base di questo principio:

“Il rilievo secondo cui «la costante ripetizione negli anni dei costi evidenziati nel quadro RE di ciascuna dichiarazione … può ben assumersi a indice significativo», può e deve essere inteso come espressivo del convincimento secondo cui quei dati di per sé non sono, quanto meno, sufficienti a dimostrare la fondatezza della istanza di rimborso, ossia a escludere la sussistenza del requisito di imposta”.

.