Il requisito dei tre anni e sette mesi dalla pensione di vecchiaia, necessario per avere diritto all’APe Volontaria, si riferisce al solo momento in cui viene presentata la domanda: gli eventuali adeguamenti alle aspettative di vita – che intervengono nel periodo di fruizione dell’anticipo pensionistico – su scelta iniziale del lavoratore possono estendere la durata del prestito con ricalcolo del trattamento e relativa rata di ammortamento. E, par di capire, possono dunque comportare uno sforamento rispetto ai tre anni e sette mesi.
Sono indicazioni nuove, contenute nel decreto attuativo sull’APe Volontaria relative al requisito dei tre anni e sette mesi, un punto particolarmente controverso della Riforma. Le norme di riferimento sono contenute nell’articolo 3, comma 2, e nell’articolo 7, comma 16, del decreto 150/2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 18 ottobre 2017.
=> APe volontaria, decreto in Gazzetta
I requisiti fondamentali per ottenere l’APe volontaria sono 63 anni di età, 20 anni di contributi, una assegno maturato nel momento in cui si richiede l’anticipo pensionistico pari ad almeno 1,4 volte il minimo, e al massimo tre anni e sette mesi dalla pensione di vecchiaia. L’articolo 3 comma 2 del decreto attuativo chiarisce che
il requisito anagrafico che consente la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi dalla data di domanda di APE tiene conto dell’adeguamento agli incrementi della speranza di vita dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, ai sensi della normativa vigente e, in particolare, di quanto disposto dall’articolo 24, comma 9, del decreto legge 201/2011, convertito dalla legge 214/2011.
Significa che nel momento in cui si chiede l’accesso all’APe non possono mancare più di tre anni e sette mesi all’età per la pensione di vecchiaia calcolata in base alla Riforma di fine 2014. Si tiene conto degli adeguamenti alle aspettative di vita scattati fino al momento in cui si chiede l’APe, ma (par di capire) non di quelli che eventualmente sono previsti in periodi successivi. Esempio: richiesta di APe volontaria nel novembre 2017. I tre anni e sette mesi si calcolano in base al requisito per la pensione di vecchiaia relativo al 2017, quindi:
- 65 anni e sette mesi per le lavoratrici dipendenti;
- 66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome;
- 66 anni e sette mesi per i lavoratori dipendenti e autonomi.
In pratica, tutti coloro che hanno 63 anni soddisfano il requisito. Nei prossimi anni, però scatteranno innalzamenti dell’età pensionabile e adeguamenti alle aspettative di vita. E qui interviene il comma 16 dell’articolo 7 del decreto, che recita:
qualora nella fase di erogazione dell’APe intervenga l’adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita ai sensi di quanto disposto dall’articolo 3, comma 2, l’ammontare del finanziamento e la relativa durata sono rideterminati in misura corrispondente alle variazioni disposte ai sensi della normativa vigente, a meno che il richiedente non abbia espresso, in sede di domanda di APe, la volontà di non voler accedere a tale
finanziamento supplementare.
Quindi, il lavoratore che chiede l’APe volontaria può scegliere, nel momento in cui presenta la domanda, come comportarsi in relazione ai futuri scatti di adeguamento alle aspettative di vita. Se decide di rideterminare il beneficio, aggiungendo quindi i mesi in più che sono scattati, l’INPS farà i relativi calcoli, basandosi sugli accordi quadro con banche e assicurazioni che regolamentano la concessione del finanziamento e dell’assicurazione sul prestito. Si tratta degli accordi che vanno siglati entro 30 giorni dal decreto attuativo appena entrato in vigore: quello con le banche determina le regole di concessione del prestito (l’APe viene versato al lavoratore dall’INPS, ma è finanziato dalle banche), e quello sulle assicurazioni per la copertura del rischio di premorienza (in base al quale gli eredi non ereditano il debito).
Attenzione: il finanziamento supplementare è già incluso nelle valutazioni svolte dalla banca dopo la domanda di APe ai fini dell’accertamento delle cause di mancata accettazione della proposta di finanziamento e di conseguenza è previsto originariamente nel contratto di finanziamento, senza alcuna successiva verifica da parte dell’istituto finanziatore al momento dell’adeguamento. Quindi, nel momento in cui la banca accetta di erogare il finanziamento per l’APe, accetta automaticamente anche di versare il prestito supplementare che scatterà con l’aumento delle aspettative di vita. Non può più tornare indietro su questa decisione nel momento viene effettuato il ricalcolo.
=> APe volontaria, il contratto di prestito
Per quanto riguarda il lavoratore, la regola comporta che nel momento in cui scatta l’innalzamento delle aspettative di vita, si allunga il periodo di APe volontaria, e si ricalcola di conseguenza l’importo del beneficio, e quello delle rate ventennali di restituzione (che come è noto saranno applicate sulla pensione vera e propria). In ogni caso, il decreto prevede che la rideterminazione dell’ammontare del finanziamento ai fini dell’adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita non costituirà un aumento significativo dell’importo totale del credito.
Nell’ipotesi in cui invece il lavoratore, nel momento in cui chiede l’APE, dichiara di non voler il finanziamento supplementare in caso di innalzamento delle aspettative di vita, non è chiarissimo cosa succede, nel senso che il decreto non fornisce una spiegazione specifica. Se ne deduce che l’APe si interrompe al termine del periodo originariamente previsto (che può arrivare al massimo a tre anni e sette mesi), e ci saranno dei mesi scoperti fino alla maturazione della pensione vera e propria. In questo caso, quindi, il lavoratore deve fare bene i calcoli.
Ricordiamo che l’APe volontaria non è ancora operativa, perché mancano i provvedimenti di prassi e gli accordi quadro con banche e assicurazioni, previsti entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.