Con la Sentenza n. 12106/2017 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento comunicato a mezzo di lettera non sottoscritta dal datore di lavoro ma da un membro della struttura aziendale e ha chiarito quando va considerato valido anche il licenziamento intimato a mezzo di una lettera del tutto priva di sottoscrizione.
Nel caso esaminato la lavoratrice ha impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo per violazione e falsa applicazione degli artt. 1398 e 1399 cod. Civ., poiché nella lettera di licenziamento figurava l’apparente firma della legale rappresentante della società la quale, sentita come teste, aveva negato di averla sottoscritta.
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Di diverso avviso la Suprema Corte, che ha invece affermato che, in questo caso, non ci si trova nel campo di applicazione dell’ex art. 1399 cod. civ. dell’atto proveniente dal falsus procurator o dal soggetto che abbia ecceduto i limiti delle facoltà conferitegli poiché da una verifica era risultato che la società controricorrente aveva effettivamente prodotto in sede di merito la lettera di licenziamento.
Richiamando precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione e allineandosi con esse, i giudici affermano il seguente principio di diritto:
“A produzione in giudizio d’una lettera di licenziamento priva di sottoscrizione alcuna o munita di sottoscrizione proveniente da persona diversa dalla parte che avrebbe dovuto sottoscriverla equivale a sottoscrizione, purché tale produzione avvenga ad opera della parte stessa nel giudizio pendente nei confronti del destinatario della lettera di licenziamento medesima”.
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Ne consegue che deve essere considerata valida la comunicazione proveniente dalla struttura aziendale: il licenziamento è legittimo indipendentemente dal fatto che sia stato o meno firmato dal DDL.
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