Con il termine caregiver familiare si intende colui che assiste un congiunto gravemente malato o disabile volontariamente e a titolo gratuito. Una scelta non sempre facile che sottopone la persona ad un notevole carico emotivo e fisico. Il “peso” psicologico e fisico che influisce negativamente sulla salute del caregiver e che si manifesta il più delle volte se questo non ha supporti familiari, amicali o sociali viene comunemente definito “Burden del caregiver”.
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Si tratta fondamentalmente di stress e come tale il Burden del caregiver si manifesta sotto forma di disturbi del sonno, dell’attenzione, della concentrazione, difficoltà mnestiche, facile irritabilità, somatizzazioni, sbalzi di umore, agitazione, forte apprensione, facilità ad ammalarsi, variazioni del comportamento, umore depresso e aumento notevole dell’ansia. Disturbi che spesso il Caregiver cura con psicofarmaci.
Il Burden porta il caregiver ad un ipercoinvolgimento o, al contrario, al distacco emotivo. Una situazione che ovviamente si ripercuote negativamente anche sull’assistenza al paziente, oltre che sulla propria qualità della vita.
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A gravare sullo stato emotivo del Caregiver familiare ci sono numerosi fattori, che peraltro lo distinguono da quello professionale: il non potersi prendere una vacanza e/o periodi di malattia dall’attività di assistenza, né ovviamente cambiare settore lavorativo e la consapevolezza di non avere le conoscenze mediche necessarie a curare il proprio caro ammalato, così anche eventuali peggioramenti o non miglioramenti del familiare si riflettono sulla propria autostima, producendo altresì notevoli sensi di colpa.
La decisione di istituzionalizzare il paziente o pagare una persona per farlo assistere, non sempre ha un effetto benefico per il caregiver che vive un sentimento ambiguo di sollievo e di incompetenza, generando anche in questo caso effetti sulla sua autostima e producendo sensi di colpa.