Nella prossima Legge di Stabilità ci saranno nuovi interventi di Riforma Pensioni: per il momento, è questa l’unica certezza che emerge dal dibattito fra politica, sindacati, e istituzioni appena ripreso dopo la pausa estiva. Sugli interventi della legge di bilancio 2018 il discorso è ancora apertissimo, con un filo conduttore preciso: nuove misure di flessibilità in uscita. Il paletto fondamentale resta sempre lo stesso: le risorse.
Il tutto è stato sintetizzato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine del workshop Ambrosetti di Cernobbio del primo weekend di settembre. «C’è un confronto aperto col sindacato su questo tema, ci sono diverse tematiche in discussione, quindi considero che su alcuni punti ci sia la possibilità di intervenire», ha specificato il ministro, sottolineando che la discussione è aperta e che, per quanto riguarda il Governo, c’è un vincolo rappresentato dalla dimensione economica degli interventi, che va tenuto in considerazione. Traduzione: il negoziato è appena iniziato, c’è tempo fino a metà ottobre per selezionare le misure da inserire in Legge di Stabilità, l’unica certezza, (come al solito), è rappresentata dai vincoli di bilancio.
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Altro elemento: il dibattito sulle pensioni procede di pari passo con quello relativo al lavoro, altro capitolo molto atteso della prossima manovra. Due argomenti che Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, definisce complementari, perché:
«mandare in pensione anticipata gli anziani significa fare spazio ai giovani nei luoghi di lavoro», e «incentivare in modo strutturale le assunzioni di giovani a tempo indeterminato, significa garantire quella continuità di lavoro che rappresenta la via maestra per ottenere una pensione dignitosa».
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Come noto, il dibattito Governo sindacati è iniziato proprio affrontando l’argomento delle pensioni dei giovani, con la proposta di un meccanismo che consentirebbe, a chi maturerà una pensione pari ad almeno 1,2 volte l’assegno sociale, di ritirarsi con un assegno minimo di 650-680 euro. Altro tema caldo, quello dello stop agli scatti automatici delle aspettative di vita a partire dal 2019, chiesto dai sindacati e su cui concordano molti esperti di previdenza (si sono espressi a favore Tiziano Treu, Giuliano Cazzola, Pietro Ichino).
Sul tavolo anche misure per ampliare la possibilità di chiedere l’APe Sociale a categorie fino ad ora escluse, come i disoccupati senza sussidio (attualmente esclusi, la norma prevede che si debba aver terminato di percepire ammortizzatori sociali da almeno tre mesi). Si tratta di una misura suggerita anche dal Consiglio di Stato, nel necessario parere fornito in occasione dell’approvazione dei decreti attuativi su APe sociale e pensione anticipata precoci.
Sul tavolo, dunque, ci sono parecchi argomenti, bisogna vedere quali di queste misure alla fine confluiranno in Legge di Bilancio 2018, e in che termini. Sullo sfondo, i dati macroeconomici, in base ai quali da una parte l’Italia dopo le ultime Riforme Pensioni (a partire da quella di fine 2011) è uno dei paesi europei con la più alta età pensionabile (con tutti i vantaggi che questa ha comportato e comporta sulla sostenibilità del sistema previdenziale), dall’altra ha una delle più alte percentuali di disoccupazione giovanile. Un’equazione di difficile soluzione, soprattutto in uno scenario di bassa crescita: e qui c’è forse il terzo elemento fondamentale da tener presente in vista della prossima manovra. La crisi, che il premier Paolo Gentiloni ha definito una delle più gravi del dopoguerra, è alle spalle, ma ora l’obiettivo da perseguire è quello di un ritorno robusto alla crescita.