Il decreto Poletti arriva davanti alla Corte Costituzionale, che nel prossimo autunno dovrebbe pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento con cui il Governo stabilì una restituzione solo parziale della mancata rivalutazione 2012-2013 stabilita dalla Riforma Pensioni di fine 2011 e dichiarata illegittima dalla stessa Consulta. Le anticipazioni di stampa indicano nel 24 ottobre la data in cui si svolgerà l’udienza.
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La Corte Costituzionale è chiamata a decidere sulla legittimità del decreto legge 65/2015 sul rimborso rivalutazioni pensione, con cui il governo recepì una precedente sentenza della stessa Consulta (70/2015), che aveva dichiarato illegittimo lo stop alla rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo previsto dal dl 201/2011. Il decreto Poletti ha previsto un meccanismo di restituzione solo parziale di questa mancata rivalutazione, per chi ha una pensione compresa fra tre e sei volte il minimo, mentre ha confermato il blocco per i trattamenti superiori a questa soglia. I pensionati nell’agosto del 2015 hanno ricevuto una somma una tantum a titolo di rimborso per la mancata rivalutazione degli anni 2012 e 2013, ed è poi stato applicato un conseguente meccanismo di ricalcolo degli assegni 2014 e 2015.
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La sentenza della Corte aveva stabilito che il blocco rivalutazione pensioni sopra tre volte il minimo violasse i principi costituzionalmente garantiti di proporzionalità e adeguatezza delle pensioni. In passato, la Consulta aveva invece ritenuto ammissibili altre analoghe misure di blocco pensioni, come quella del 2008 sulla rivalutazione per le pensioni superiori a otto volte il minimo, perché riguardava trattamenti di importo abbastanza elevato da non determinare la violazione del principio di eguaglianza. Il successivo decreto del Governo aveva quindi stabilito il rimborso rivalutazioni, pur parziale, ai pensionati fino a 6 volte il minimo, ritenendo invece di non violare il principio di eguaglianza lasciando inalterato il blocco per i trattamenti di importo più elevato. Sulla legittimità di questo provvedimento è nuovamente chiamata a decidere la Corte.