Contrordine, i voucher baby sitting continuano ad essere utilizzabili malgrado la soppressione dei voucher lavoro accessorio prevista dal decreto legge dello scorso 17 marzo: in un primo momento l’INPS aveva comunicato lo stop ai buoni che le mamme possono utilizzare in alternativa al congedo parentale per pagare servizi di baby sitting, mentre ora annuncia che il servizio prosegue. Vediamo bene.
=> Stop ai voucher baby sitting
Dallo scorso 17 marzo non sono più acquistabili i buoni lavoro, per effetto del decreto 25/2017. Una delle conseguenza di questa soppressione del lavoro accessorio era stata appunto la conseguente sospensione dei voucher baby sitting. L’INPS aveva comunicato che non erano più acquistabili dallo scorso 22 marzo. Nel frattempo, però, l’istituto di previdenza ha chiesto un parere al ministero del Lavoro, che ha risposto (oggi, 30 marzo) dando il via libera all’utilizzo dei voucher. La procedura INPS quindi continuerà a essere attiva con le modalità precedentemente utilizzate.
Ricordiamo che il voucher baby sitting è una prestazione da 600 euro al mese, utilizzabile in alternativa al congedo parentale, accessibile alle lavoratrici dipendenti (per sei mesi) o autonome (per tre mesi). Possono utilizzarli anche le lavoratrici part-time, in proporzione al loro orario di lavoro. Le mamme che hanno diritto al voucher baby sitting possono scegliere fra i buoni oppure il pagamento della rata degli asili per l’infanzia. Dopo la soppressione dei voucher lavoro, sembrava che l’unica alternativa rimanesse quella di utilizzare i 600 euro al mese per il pagamento della retta dell’asilo, mentre come detto viene ora confermata anche la possibilità di continuare a utilizzare i buoni per i servizi di baby sitting.
La procedura resta quella precedente: bisogna presentare la domanda via web (ci vuole il pin dispositivo), indicando quale dei due benefici previsti viene scelto (voucher o asilo), dichiarando la rinuncia al corrispondete periodi di congedo parentale. Bisogna avere una dichiarazione ISEE valida. Sarà l’INPS ad avvertire il datore di lavoro della rinuncia al corrispondente periodo di congedo parentale.