Nel lontano 2005 l’allora presidente dell’India Abdul Kalam aveva lanciato un preoccupante avvertimento sulla pericolosità di software come Google Earth per eventuali organizzazioni di attacchi terroristici nel Paese. Evidentemente i dubbi del presidente non sono stati presi sul serio da chi doveva e poteva farlo.
Quasi come fosse un brutto scherzo del destino, infatti, dopo qualche giorno dai attacchi terroristici avvenuti a Mumbai si scopre che chi ha pianificato gli eventi e chi li ha poi gestiti ha utilizzato moltissimi strumenti tecnologici all’avanguardia.
Primo fra tutti, Google Earth è stato utilizzato per studiare dettagliatamente i luoghi da attaccare. Le mappe satellitari sono state molto utili ai terroristi, anche per la loro natura libera e disponibile a chiunque, attraverso una semplice connessione ad Internet. I criminali le hanno studiate a fondo prima di agire, in modo da sapere benissimo come muoversi nel territorio.
Durante le giornate dell’attacco sono stati usati anche dispositivi digitali come i telefoni satellitari e attrezzature che sfruttano i satelliti (GPS) per il rilevamento della posizione nella città.
Una nuova sconfitta, quindi, per la sicurezza dei cittadini, resa possibile anche dalla tecnologia che definiamo spesso utile. Una tecnologia che ci permette di lavorare e di divertirci esplorando il pianeta dalla nostra scrivania, ma allo stesso tempo che permette il verificarsi di gravi eventi.
Questo non significa che applicazioni come Google Earth o dispositivi come il GPS debbano essere guardati con sospetto, colpevolizzati o vietati per una maggiore sicurezza (sono strumenti ormai consolidati e divenuti indispensabili nella quotidianità), ma semplicemente che l’uso che di questi oggetti se ne fa dovrebbe essere controllato con più attenzione dalle forze dell’ordine, per prevenire disagi a sfavore dei cittadini.