Saranno stati i recenti casi inglesi a far muovere qualcosa anche nel nostro Paese o una pura casualità. Fatto sta che in tutta Italia si stanno effettuando una serie di controlli a tappeto in città prese come campione per verificare se le telecamere di sorveglianza svolgono il loro lavoro nel pieno rispetto dei principi della riservatezza personale.
La Guardia di Finanza sta infatti in questi giorni verificando se le informazioni diffuse al pubblico in presenza di un sistema di sorveglianza con telecamere a circuito chiuso siano veramente adeguate e sufficienti a garantire la privacy di chi viene “spiato”.
Inoltre, un altro obiettivo delle indagini è quello di scoprire se vengono rispettate tutte le misure di sicurezza dagli enti autorizzati a svolgere le registrazioni, soprattutto se sono rispettati i tempi regolati per legge che disciplinano la conservazione dei dati raccolti dalle telecamere.
Come spiegato dalla Guardia di Finanza, con questa operazione:
si intende verificare il rispetto delle regole già fissate dall’Autorità con il provvedimento generale del 2004 e disegnare un quadro aggiornato sull’attuale impiego dei sistemi di videosorveglianza in diversi ambiti, sia pubblici sia privati
Lo stesso Garante della privacy, che ha disposto l’inizio delle indagini, ha dichiarato che il provvedimento parte per fare il punto della situazione su un argomento sul quale in Italia esistono ancora molti dubbi. Basta pensare che ogni quarantacinque abitanti c’è una telecamera che ci tiene sotto controllo, per un totale di un milione e 300 mila apparecchi (in molti casi anche nascosti alla nostra vista) che registrano quotidianamente i nostri movimenti in qualsiasi parte della città ci troviamo.
Queste sono le parole del Garante:
Sempre più frequente risulta la condivisione, soprattutto in ambito locale, di sistemi di videosorveglianza tra soggetti privati e pubblici (ad esempio, tutela di beni aziendali e prevenzione e repressione dei reati), senza una adeguata regolamentazione dei casi in cui le immagini raccolte possono essere utilizzate”, spiega il Garante: a preoccupare il Garante è soprattutto l’uso di Internet per la trasmissione di dati non protetti.