Dibattito sempre più acceso sulla proposta del M5S di taglio allo stipendio parlamentari, dopo che la Camera dei Deputati ha rinviato il testo in commissione Affari costituzionali. Si tratta del disegno di legge che prevede il dimezzamento dello stipendio dei parlamentari, che scenderebbe a 5mila euro al mese lordi (2mila 500 netti), regole più stringenti per la diaria (attualmente, 3mila 500 euro) per le spese di soggiorno a Roma, da limitare ai soli deputati e senatori che vivono lontano dalla Capitale, e per i rimborsi (2mila 500 euro), non più concessi automaticamente ma rendicontati. Il testo è arrivato nell’aula di Montecitorio il 24 ottobre, per essere rinviato in commissione su proposta della maggioranza.
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I parlamentari pentastellati hanno risposto con un sit-in di protesta davanti a Montecitorio.
«Siamo indignati» ha tuonato Alessandro Di Battista, «siamo Davide contro Golia ma non molleremo di un centimetro». «Sono come vacche autonominatesi sacre», ha scritto sul blog Beppe Grillo, fondatore del M5S, secondo cui opponendosi al ddl «il Pd tradisce la carta e il mandato degli elettori».
Anche tutte le altre opposizioni hanno votato contro il rinvio alla Camera. «Avremmo preferito una discussione più approfondita in commissione, senza la tentazione di far diventare il tema uno spot o un’occasione per delegittimare le istituzioni – spiega Roberto Occhiuto, di Forza Italia -. Ma siccome sappiamo che la proposta va in quota all’opposizione, riteniamo sia giusto non comprimere il diritto delle opposizioni di discutere le loro proposte, per questo siamo contro il rinvio».
Sul fronte PD, il capogruppo Ettore Rosato spiega la scelta del partito di maggioranza: «la politica deve tornare ad avere credibilità e non la ritrova dicendo che prende meno soldi puntando allo zero ma quando diventa efficiente. Noi proviamo a farlo».
Il M5S ha già chiesto di riprendere la discussione in aula il prossimo mese di novembre, ha annunciato la relatrice Roberta Lombardi. Infuocata sia la seduta alla Camera, sia il sit in, durante il quale una deputata del PD, Alessia Morani, annuncia di essere stata «aggredita da un attivista del M5S», aggiungendo: «credo si sia passato il limite. Comunque, non mi faccio intimidire».
Nel dibattitto si inserisce anche il premier, Matteo Renzi che si dichiara favorevole all’idea di ridurre gli stipendi dei parlamentari, legando l’indennità all’effettiva presenza in Aula.