Tratto dallo speciale:

Internazionalizzazione nel Mediterraneo

di Noemi Ricci

17 Ottobre 2016 09:30

logo PMI+ logo PMI+
Il Mediterraneo dovrebbe essere una meta naturale per le imprese italiane, ma alcune problematiche frenano gli investimenti.

Le imprese italiane sembrano essere frenate dall’investire nel mercato del Mediterraneo, soprattutto a causa della discriminazione commerciale a favore degli operatori locali che rappresenta il principale ostacolo per 6 imprenditori italiani su 10.

Altro ostacolo che disincentiva gli investimenti nei Paesi del Mediterraneo meridionale il mancato rispetto degli accordi. Un’impresa su 4 (23%) riscontra criticità nell’allacciare rapporti solidi con i Paesi partner mentre il 15% denuncia difficoltà nel far fronte alla mutevolezza e all’instabilità del contesto giuridico-istituzionale locale. Di contro, gli imprenditori sono stimolati e chiedono (58%) trasparenza nelle procedure ed effettiva tutela giurisdizionale a livello locale.

=> Internazionalizzazione in Tunisia

Discriminazione commerciale e mancato rispetto dei patti messi in atto dai Paesi esteri ai danni delle aziende italiane sembrano essere più accentuate con riferimento ai mercati delle risorse naturali come petrolio, gas e carbone (25%), dei metalli preziosi (20%), immobiliare (19%), liquidità e strumenti assimilati (13%), beni di lusso (12%) e divise estere (9%). Gli stessi asset riscontrano tuttavia anche maggiore interesse.

Nonostante questo, il Mediterraneo rappresenta, forte della posizione geografica, una meta naturale per le imprese italiane:

  • è il primo naturale sbocco verso l’internazionalizzazione per il 42% degli intervistati;
  • l’opportunità più prossima per il business (22%).

Ma anche:

  • un luogo di difficile approccio per le dinamiche politiche che caratterizzano ogni singolo Paese (19%);
  • luogo dove integrare i sistemi produttivi sia investendo in corridoi logistici sia in piattaforme produttive (14%).

In materia di investimenti gli aspetti che andrebbero rafforzati sono:

  • per il 20% dovrebbero essere sviluppati modelli formativi per gli operatori economici e la forza lavoro dei Paesi partner;
  • per il 18% bisognerebbe dare più spazio al settore privato;
  • il 16% auspica una cooperazione transfrontaliera tra Italia e i Paesi dell’area;
  • il 15% indica la necessità di rafforzare le infrastrutture socio-economiche;
  • il 17% si aspetta una semplificazione delle procedure; infine il 12% preme per un consolidamento dei partenariati;
  • per il 31% degli imprenditori servirebbero misure per incentivare gli investimenti dall’estero;
  • per il 29% una maggiore visione di ampio raggio da parte delle stesse aziende italiane;
  • il 46% vorrebbe che venisse potenziata l’assistenza tecnica a loro favore nei Paesi esteri;
  • il 42% auspica la promozione di una buona governance in un contesto difficile;
  • il 34% li lamenta della corruzione;
  • il 26% indica l’eliminazione delle distorsioni nel mercato;
  • il 22% desidera un maggior sostegno delle autorità pubbliche dei Paesi partner alle imprese investitrici;
  • il 18% vorrebbe vedere attuate strategie di liberalizzazione del mercato dell’energia, integrazione dei mercati dei capitali e liberalizzazione degli scambi di merci e servizi.

=> Disciplina delle società controllate estere

Questo quanto emerge dallo studio promosso dallo studio legale K&L Gates Milano in occasione del convegno “Doing Business in the Mediterranean Area – Challenges and Opportunities” che ha chiesto a circa 100 imprese italiane il loro punto di vista nell’approccio con gli investimenti nei Paesi del Mediterraneo.