In attesa del responso del TAR sul secondo ricorso presentato (il primo è stato dichiarato inammissibile) in relazione al referendum del 4 dicembre, continuiamo ad analizzare punto per punto le novità su cui si vota.
L’elezione del Senato è fra i punti qualificanti della riforma costituzionale: non più tramite elezione diretta ma consigli regionali. Il meccanismo si inserisce in una revisione radicale del ruolo del Senato, superando il bicameralismo perfetto: il compito legislativo resta alla Camera mentre Palazzo Madama diventa Senato delle Regioni con «funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea».
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L’articolo 2 della legge costituzionale sottoposta a referendum regolamenta l’elezione del Senato. Si riduce il numero di senatori da 315 a 95. A questi si aggiungono, come vedremo, un massimo di 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica non più a vita ma in carica per 7 anni senza possibilità di nuova nomina. Lo prevede l’articolo 3 secondo cui devono essere scelti “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Gli attuali senatori a vita mantengono la carica.
Sono i Consigli Regionali (e quelli delle Province autonome di Trento e Bolzano) a eleggere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci della propria regione. Nessuna regione può avere un numero di senatori inferiore a 2, le due province di Trento e Bolzano hanno due senatori ciascuna. La ripartizione dei seggi avviene in base alla popolazione delle regioni. E qui si inserisce un punto fondamentale: la legge costituzionale, nel riscrivere l’articolo 57 della Costituzione sull’elezione del Senato, prevede che i consiglieri regionali votino
“in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.
La formulazione lascia spazio a interpretazioni ampie. Significa che quando si vota per le regionali, sono già indicati i candidati che, se eletti, potranno concorrere alla formazione del Senato?
L’applicazione della nuova elezione del Senato è condizionata all’approvazione di una apposita legge ordinaria approvata da entrambe le Camere, che stabilisca con precisione le modalità di attribuzione dei seggi e quelle di elezione dei senatori tra i consiglieri e i sindaci, e regole precise per la loro sostituzione in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. Sarà quindi questa legge a sciogliere il dubbio.
Ci sono delle disposizioni transitorie (articolo 39), che si applicano fino all’entrata in vigore della legge elettorale per il Senato: ogni consigliere regionale vota per un sola lista di candidati, formata da consiglieri e sindaci dei rispettivi territori. I seggi si ripartiscono poi in modo proporzionale, in base ai voti ottenuti da ciascuna lista.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti. Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione della carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore. Attenzione: per applicare la nuova elezione del Senato, è necessaria una legge approvata da entrambe le Camera che stabilisca modalità di attribuzione dei seggi e di elezione tra i consiglieri e i sindaci, e regole precise per la loro sostituzione in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale.
Il regolamento del Senato stabilisce in quali casi l’elezione o la nomina possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali.