Prima casa in affitto, occhio alla plusvalenza

di Noemi Ricci

Pubblicato 5 Ottobre 2016
Aggiornato 10 Ottobre 2016 15:46

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Abitazione principale data parzialmente in affitto a terzi, la parte locata genera plusvalenza: la sentenza della Cassazione.

Con la sentenza n. 37169/2016 la Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di abitazione principale parzialmente affittata a terzi, tale porzione dell’immobile non è esente da imposizione e deve essere tassata secondo un criterio proporzionale riferito ai dati catastali.

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In particolare, nel caso in esame il contribuente aveva rivenduto l’immobile prima dei cinque anni, scadenza entro la quale non è possibile vendere il bene, a meno che non si acquisti una nuova abitazione come prima casa entro un anno dalla vendita della precedente, pena la perdita dei benefici previsti dalle agevolazioni riservate alla prima casa. Il tutto senza dichiarare la plusvalenza nella dichiarazione dei redditi, ritenendo che, avendo utilizzato l’immobile in parte come abitazione principale, sussistesse il requisito per l’esonero ai sensi dell’articolo 67 del TUIR.

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Diversa l’opinione dei giudici supremi per i quali, invece, la cessione dell’immobile prima del quinquennio ha generato una plusvalenza imponibile per la parte data in locazione anche se una porzione dello stesso immobile è stata adibita ad abitazione principale.

Già la Corte d’appello aveva condannato il contribuente al reato di dichiarazione infedele per omessa dichiarazione di una plusvalenza generata da un immobile. Giudizio confermato dalla Corte di Cassazione la quale ha ricordato che l’articolo 67 del TUIR non esclude che, ai fini impositivi, si possa e si debba tenere conto dell’uso promiscuo dell’immobile, distinguendo tra parte immobiliare adibita ad abitazione principale del cedente e dei suoi familiari e parte immobiliare ceduta a qualsiasi titolo ai terzi, ovvero tra:

“La parte che rientra nella previsione agevolativa da quella che invece ne è fuori che quindi importi una determinazione dell’imposta sulla scorta di un calcolo percentuale basato su tale rapporto peraltro facilmente ancorabile – per il profilo quantitativo – ai dati catastali”.

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La Corte sottolinea come:

“Interpretando la disposizione legislativa come intende la ricorrente si giungerebbe infatti a risultati aberranti e senza dubbio alcuno estranei alla chiara ratio legis che è evidentemente quella di espungere dall’area della presunzione legale l’uso familiare dell’immobile ceduto nel quinquennio, ancorchè non illimitatamente.

Basti pensare al caso, sostanzialmente inverso a quello che occupa, in cui di un intero condominio il proprietario cedente (ovvero un suo familiare) abbia occupato soltanto un appartamento, avendolo locato per il resto a terzi. È chiaro che riconoscendo in tal caso l’esclusione ‘per intero’ della plusvalenza lo scopo della norma impositrice sarebbe in concreto elusa”.

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