![Accertamento](https://cdn.pmi.it/R7etkGbmaII3n4ILe0h4JQLq9UQ=/650x350/smart/https://www.pmi.it/app/uploads/2016/07/Accertamento.jpg)
![logo PMI+](https://www.pmi.it/app/themes/pmi-2018/dist/images/pmi+/pmiplus-logo-big-white.png)
![logo PMI+](https://www.pmi.it/app/themes/pmi-2018/dist/images/pmi+/pmiplus-logo-big-white.png)
La Cassazione (sentenza n. 4149 del 2 marzo 2016) ha chiarito il rapporto tra mancata acquisizione della documentazione bancaria e legittimità dell’accertamento dei maggiori ricavi non portati in contabilità. Nel caso in oggetto, in primo e secondo grado non si riconoscevano valide le motivazioni del Fisco (accertamento per ricavi non dichiarati e costi non deducibili) poggiate su “mere congetture”, avendo i “frammentari listini presenti sui files” mero valore indicativo.
=> Studi di settore: accertamento nullo se non motivato
La Cassazione ha però ribaltato il giudizio, sostenendo che l’assenza di elementi di supporto all’accertamento contestata, assieme alla mancanza di verifiche bancarie e alla mera applicazione dei parametri, non è esaustiva sul piano logico degli argomenti addotti dall’Ufficio.
Secondo la Cassazione: l’affermazione di “mancanza di elementi di supporto” della contestazione è anapodittica (non necessita di spiegazioni), il riferimento ai parametri non è conferente potendo essere neutralizzato dalla prova contraria (in questo caso a sfavore del contribuente) e, infine, la documentazione bancaria non esclude di per sé la rilevanza probatoria del procedimento seguito dall’Ufficio per la determinazione dei ricavi.