La sentenza sulla rivalutazione pensioni per scaglioni di reddito, questione affrontata dalla Corte Costituzionale il 5 luglio 2016, non riguarda la legittimità del Decreto Poletti sulla restituzione delle somme non rivalutate in seguito al blocco pensioni 2011: si riferisce però alla stessa legge che è stata cambiata con il Decreto Pensioni 2015. Vediamo esattamente di cosa si tratta.
All’attenzione della Consulta, un’ordinanza della Corte dei Conti dell’11 febbraio 2015, che trattava – oltre alla questione della legittimità del prelievo di solidarietà sulle pensioni d’oro (su cui la Corte si è pronunciata a favore) – anche la nuova rivalutazione a scaglioni, più sfavorevole della precedente (pubblicazione sentenza, prevista entro l’estate).
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Di che cosa si tratta? L’articolo 34, comma 1, della legge 448/1998 applicato al caso del ricorrente prevedeva la rivalutazione automatica delle pensioni al 100%, 75%, 50 e 40% a seconda del reddito. Il meccanismo è stato rivisto dal Decreto Poletti di rimborso pensioni 2015, che ha cambiato le soglie: si rivalutazione:
- 100% fino a tre volte il minimo,
- 40% fra 3 e 4 volte il minimo
- 20% fra 4 e 5 volte il minimo
- 10% fino a 6 volte il minimo.
Nessuna perequazione per le pensioni più alte nel triennio 2014-2016.
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Il 5 luglio, la Corte si è dunque occupata della questione “rivalutazione automatica” delle pensioni – norma contenuta nella Legge di Stabilità 2014 (comma 483 del legga 147/2013) – ma non ha espresso alcun giudizio di costituzionalità sul decreto di rimborso pensioni (diverse ordinanze chiedono un pronunciamento).