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Ttip, opportunità e rischi per il Made in Italy

di Francesca Vinciarelli

3 Giugno 2016 10:30

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Continuano le trattative per l'accordo sul Ttip, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico: pro e contro per le imprese del Made in Italy.

Con il termine Ttip si intende il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che ha l’intento dichiarato di modificare regolamentazioni e standard, ovvero le barriere non tariffarie, abbattendo dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti. In questo modo si vuole liberalizzare il commercio tra il vecchio continente ed il nord America, creando così un mercato interno tra Europa e USA e costruendo un blocco geopolitico maggiormente competitivo nei confronti di Paesi emergenti come Cina, India e Brasile.

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Il neoministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, non sembra essere molto ottimista circa le opportunità che tale trattato potrebbe offrire alle PMI:

«Se non ci saranno progressi, l’accordo non si chiuderà», ha dichiarato.

I nodi principali vertono sull’accesso da parte di imprese europee alle grandi commesse pubbliche statunitensi e la necessità di tutelare i prodotti agroalimentari italiani dal cosiddetto italian sounding.

Nonostante questo Calenda sottolinea i vantaggi del Ttip per il nostro Paese:

«L’Italia è uno dei Paesi che beneficerebbe in misura maggiore dell’accordo di libero scambio tra Europa e Stati Uniti. Il trattato ha l’obiettivo di ridurre i dazi e le barriere non tariffarie che gravano sulle esportazioni sia americane sia europee. Facile immaginare cosa significhi per un’economia come quella italiana che poggia, per esempio, sull’export agroalimentare e tessile. L’accordo eliminerebbe quei picchi tariffari e non tariffari che arrivano a pesare fino al 40% sul costo di un bene. Un valore che rende l’idea di quanto potrebbe crescere il nostro export. Va evidenziato un ulteriore aspetto: le campagne di informazione contrarie al Ttip hanno denunciato il rischio che l’accordo privilegi le grandi multinazionali a danno delle medie imprese. Una tesi assurda poiché l’eliminazione di dazi e tariffe agevolerà proprio le medie e piccole aziende. Mi spiego con un esempio: una grande casa automobilistica europea, di fronte a ostacoli come dazi e barriere, delocalizza o assorbe i costi aggiuntivi tramite le economie di scala, soluzioni che non può adottare una media azienda che fornisce componenti auto realizzati nel Vecchio Continente. Facile intuire a chi porterà un vantaggio il trattato».

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Tuttavia è da evidenziare come sia assolutamente necessario, per non penalizzare le PMI del Made in Italy, fissare alcune regole specifiche sull’indicazione geografica dei prodotti per evitare ogni tipo di confusi

Il prossimo incontro tra la Commissione UE e i rappresentanti di Washington sul Ttip si terrà a luglio, ma il ministro Calenda appare deciso su un punto e rassicura: sul fronte dell’accesso da parte di imprese europee alle grandi commesse pubbliche statunitensi e alla necessità di tutelare il Made in Italy è escluso che si possa chiudere senza progressi. In caso contrario non si chiuderà. In quest’ultimo caso però, secondo il ministro:

«Perderemo un’occasione di crescita straordinaria, ma soprattutto la possibilità di definire regole e standard avanzati e globali da fare valere verso quei Paesi che non accettano regole uguali per tutti gli attori della globalizzazione. Inoltre significa accumulare da parte europea un ritardo, poiché nel frattempo il governo statunitense ha raggiunto un accordo sul Tpp, ossia il trattato commerciale tra Stati Uniti e i Paesi dell’area Pacifico».

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