Misure di prevenzione, individuazione dei rischi collegati alla prestazione di lavoro e relativa informativa annuale al lavoratore, assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, obblighi in materia di protezione dati e dotazioni tecnologiche: sono i capitoli relativi alla sicurezza sul lavoro affrontati dal disegno di legge sullo smart working, approvato dal Consiglio dei Ministri nello scorso gennaio, che ha poi iniziato il cammino parlamentare in Senato con la trattazione (ancora in corso) in commissione Lavoro. L’analisi di questo provvedimento procede parallelamente a quella di un secondo ddl, di iniziativa parlamentare, a prima firma Maurizio Sacconi (presidente commissione Lavoro di Palazzo Madama). Vediamo nel dettaglio come vengono regolamentate le norme sulla sicurezza lavoro in entrambi i provvedimenti allo studio.
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L’articolo 18 del Ddl del governo prevede l’obbligo per il datore di lavoro di garantire «la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile», anche attraverso la consegna, con cadenza almeno annuale, di «un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro». Si tratta di un obbligo meno stringente di quelli previsti dalle norme sulla valutazione dei rischi sul lavoro (dlgs 81/2008), che fissa criteri precisi per l’elaborazione del relativo documento. Il ddl del governo sullo smart working prevede anche che il lavoratore sia tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.
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Il Ddl Sacconi prevede invece maggiori obblighi su questo fronte, contenuti nell’articolo 3: il datore di lavoro o il committente adottano, previa autorizzazione e convalida del medico del lavoro competente, tutte le misure che, in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza e alla tecnica, sono necessarie per tutelare e garantire l’integrità fisica e psichica, la personalità morale e la riservatezza del lavoratore. Il lavoratore è tenuto ad adottare con diligenza e puntualità le predette misure, nonché a cooperare attivamente con il datore di lavoro o il committente al fine di prevenire infortuni sul lavoro e l’insorgere di malattie professionali. Ogni quattro mesi il lavoratore deve effettuare visite periodiche di prevenzione e controllo presso presidi sanitari pubblici, le cui tipologie sono stabilite dal datore di lavoro che deve chiedere un parere obbligatorio al medico del lavoro. Il costo di queste visite è totalmente a carico del datore di lavoro o del committente.
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Entrambi i testi prevedono l’assicurazione obbligatoria per infortuni e malattie professionali, sia in relazione ai rischi connessi con la prestazione lavorativa resa fuori dai locali aziendali, sia per gli infortuni occorsi durante il percorso di andata e ritorno dal luogo dell’abitazione a quello prescelto per svolgere la prestazione lavorativa fuori dai locali aziendali, nel caso in cui la scelta del luogo di lavoro sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative, in base a criteri di ragionevolezza. Nel corso della trattazione in Commissione, Sacconi nella sua relazione pone l’accento sull’esigenza di chiarire se la tutela prevista durante il percorso casa-lavoro debba applicarsi anche per i tragitti che il lavoratore compie ad esempio per andare nei locali aziendali a svolgere parte dell’attività (dove questo è previsto), oppure per recarsi nel luogo di consumazione abituale dei pasti.
Per quanto riguarda protezione dei dati e utilizzo di strumenti informatici, il Ddl del Governo è molto stringato: nell’articolo 17, prevede l’obbligo per il datore di lavoro a garantire la protezione dei dati, e quello per il lavoratore di «custodire con diligenza gli strumenti tecnologici messi a disposizione dal datore di lavoro». Il lavoratore è responsabile della riservatezza dei dati cui può accedere tramite l’uso di tali strumenti.
Il DDl Sacconi invece fa un esplicito riferimento all’applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali alle forme di smart working, e poi inserisce ulteriori regole su aspetti peculiari del lavoro agile. Il datore di lavoro è tenuto al segreto, a norma dell’articolo 622 del codice penale, sulle notizie riservate concernenti il lavoratore delle quali venga a conoscenza per ragione del rapporto di lavoro, delle tecnologie utilizzate o delle attività di selezione precedenti alla sua costituzione. Tale obbligo riguarda, in particolare, le notizie concernenti malattie e impedimenti personali o familiari, e le componenti della valutazione della prestazione eventualmente idonee a rivelare taluno dei dati sensibili protetti. Non sono, invece, oggetto di protezione i dati inerenti allo svolgimento della prestazione lavorativa e al suo corrispettivo. E’ specificamente vietato l’utilizzo di strumenti di controllo a distanza: quelli che si rendono necessari per esigenze produttive, organizzative e via dicendo, vanno effettuati nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali. E’ infine esplicitato il divieto, anche in fase di selezione, di effettuare indagini (anche tramite terzi) su opinioni politiche, religiose, sindacali, o su fatti non rilevanti ai fini della valutazione di attitudine professionale o della tutela e sicurezza di cose e persone.
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Infine, il ddl Sacconi prevede che, nel rispetto delle modalità di esecuzione autorizzate dal medico del lavoro, e delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche senza che questo possa comportare effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.
Fonti: Ddl governo e Ddl Sacconi sullo smart working