L’avviso di accertamento sulla rendita catastale, se privo di motivazione adeguata, è illegittimo. Lo ha affermato la CTR della Lombardia con la sentenza n. 762/67/2016, deliberando sul ricorso di una società contro l’Agenzia delle Entrate per avvisi di rettifica di rendite catastali dichiarate con mod. DOFCA, riguardanti impianti di produzione di energia elettrica (invasi, dighe, manufatti, fabbricati di servizio).
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Accertamento non motivato
L’azienda ricorrente segnalava la carenza di motivazione degli atti rettificativi e di prove, nonché l’illegittima inclusione delle opere idrauliche fra i beni suscettibili di attribuzione di una rendita catastale. La CTP di Brescia, inizialmente, respingeva i ricorsi sul presupposto che:
«Quanto all’assenza di motivazione è ormai pacifico che sia sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi utilizzati dall’Ufficio per giungere alla determinazione dell’accertato per assolvere al dovere di motivazione, inoltre, dal tenore e dallo sviluppo della difese della ricorrente, si può facilmente ritenere che l’obbligo sia stato abbondantemente rispettato.»
La società ricorreva quindi in appello, lamentando che la motivazione degli atti impugnati fosse del tutto omessa, posto che si sostanziava nella seguente testuale, affermazione:
«Gentile contribuente quest’ufficio ha accertato il reddito degli immobili descritti nel prospetto che risultano a Lei intestati. […] Segue, poi, un prospetto nel quale l’Ufficio applica, ai dati di superficie delle singole opere costituenti la centrale oggetto di accertamento di una serie di valori indicati in maniera del tutto apodittica in assenza di una seppur minima motivazione e prova».
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Obblighi fiscali
La CTR accoglieva il ricorso, rilevando che mancava il minimo “apparato narrativo” con cui l’Agenzia doveva descrivere l’iter logico attraverso il quale era giunta ad accertare le maggiori rendite, così da consentire alla ricorrente di svolgere, eventualmente, le proprie doglianze onde evidenziare gli errori di fatto e di diritto in cui fosse incorsa l’Agenzia stessa.
Come ribadito anche dalla Cassazione, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa così da consentirgli di valutare l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum deleatur. Tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza e intelligibilità che permetta un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.