Con la sentenza n. 9292/2016 la Corte di Cassazione ha chiarito i requisiti attuali e passati per avere diritto alla pensione di invalidità: oggi è sufficiente dimostrare la mera mancanza di occupazione da parte del disabile, ovvero lo stato di inoccupazione e non più la “incollocazione al lavoro”.
=> Pensioni: il contributivo penalizza invalidi e inabili
Quadro normativo
Sul tema, il quadro normativo è più volte variato nel tempo: la norma base è costituita dalla Legge n. 118/1971, art. 13 (articolo poi modificato nel 2007), il qual prevede che:
“Ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74%, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello stato ed a cura del Ministero dell’Interno, un assegno mensile di lire 12.000 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui allo articolo precedente”.
Il disabile viene considerato incollocato al lavoro se è privo di lavoro e si è iscritto, o ha chiesto di iscriversi, negli elenchi speciali per l’avviamento al lavoro, ovvero se ha attivato il meccanismo per l’assunzione obbligatoria. Il requisito della incollocazione al lavoro ha caratterizzato il periodo di tempo antecedente l’entrata in vigore della Legge n. 247/2007. Per la sussistenza del requisito era necessario provare di non aver lavorato ma anche di aver chiesto l’accertamento della ridotta capacità lavorativa e, a fronte di questa verifica da parte delle commissioni mediche competenti, di essersi iscritto negli appositi elenchi dell’articolo 8 della Legge n. 68/1999. La legge n. 247/2007, art. 1, comma 35, ha modificato il requisito occupazionale, richiedendo semplicemente lo stato di inoccupazione.
Il caso
Il caso riguardava la sentenza depositata dalla Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Napoli, che condannava l’INPS al pagamento in favore del ricorrente dell’assegno mensile di assistenza con decorrenza dal 1°/8/2001 e con interessi dal 1/12/2001 fino al saldo. La Corte ha ritenuto esistente il requisito sanitario della riduzione della capacità lavorativa generica e specifica pari al 74% a decorrere dalla data della domanda amministrativa del 16/7/2001 e ha ritenuto che, essendo ancora in vigore la legge n. 68/1999 al tempo della presentazione della domanda e tenendo conto dell’età dell’assistito, ultrasessantenne, non fosse necessario richiedere la sua iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio. L’INPS ha quindi proposto ricorso per Cassazione.
=> Pensione e assegno di invalidità: ultime sentenze
La sentenza
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’INPS ricordando che nel periodo compreso tra l’entrata in vigore della legge n. 68/1999 e l’entrata in vigore della legge n. 247/2007 il disabile che ha richiesto l’assegno d’invalidità civile doveva provare non solo di non aver lavorato, ma anche di essersi attivato per essere avviato al lavoro nelle forme riservate ai disabili. Oggi invece basta dimostrare la mera mancanza di occupazione.
.