Un imprenditore può chiedere un finanziamento bancario fornendo come garanzia il diritto su un immobile, condizionato a un’eventuale inadempienza, costituita in estrema sintesi da sei mesi di rate scadute: è una delle misure previste dal Decreto sul sistema bancario(dl 59/2016) per stimolare il mercato dei mutui alle imprese. Si tratta di un’alternativa alla tradizionale ipoteca immobiliare: il creditore acquista un diritto sull’immobile in garanzia, di cui entra in possesso se il debitore risulta inadempiente.
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Il “finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato” è previsto dall’articolo 2 del decreto banche. Si può applicare a qualsiasi tipo di bene (terreno, fabbricato industriale, commerciale, residenziale) di proprietà dell’imprenditore o terza parte, con unica eccezione dell’abitazione principale (dell’imprenditore, del coniuge o dei suoi parenti o affini entro il terzo grado). Il contratto può essere stipulato per accendere nuovi finanziamenti ma anche per mutui in corso, modificando le condizioni davanti a un notaio.
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La norma prevede che la garanzia sia costituita dal trasferimento:
«ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell’imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore».
Traduzione: se l’impresa non restituisce il prestito, la banca (o l’intermediario finanziario) entra in possesso dell’immobile su cui è posta la garanzia. L’impresa viene considerata inadempiente nei seguenti casi:
- contratto a rate mensili: se non vengono pagate per oltre sei mesi almeno tre rate, anche non consecutive;
- contratto a rate più lunghe: quando il pagamento non avviene per oltre sei mesi dalla scadenza di una sola rata;
- restituzione non a rate: in caso di pagamento in ritardo di oltre sei mesi dalla scadenza prevista per il rimborso.
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Quando si verifica una delle condizioni sopra descritte, il creditore (banca o intermediario) notifica di volersi avvalere del diritto sull’immobile previsto dal contratto. Dopo 60 giorni da questa notifica, chiede al presidente del tribunale di pertinenza (quello in cui si trova l’immobile) la nomina di un perito per la stima del diritto reale immobiliare oggetto del contratto. Il perito comunica il valore della stima al debitore o al titolare del diritto reale sull’immobile o a eventuali terze parti che abbiano diritti sull’immobile. Il debitore può contestare la stima. Attenzione: questa eventuale contestazione non ha effetto sul trasferimento del diritto. Quindi, la banca può comunque esercitare il diritto sull’immobile (per esempio, vendendolo).
Se però la contestazione del creditore risulta fondata, questo inciderà sulla differenza dovuta. La norma prevede infatti che al debitore (l’impresa) venga versata l’eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l’ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento. Il contratto si considera risolto nel momento in cui al creditore viene comunicato il valore di stima oppure nel momento in cui viene versata la differenza (nel caso in cui il valore sia superiore al debito). Questa somma va versata su un apposito conto corrente bancario, intestato al titolare del diritto reale sull’immobile, che deve necessariamente essere previsto dal contratto di finanziamento.
Attenzione: nel caso in cui questa nuova tipologia di finanziamento si applichi a un prestito già in essere, garantito da una normale ipoteca, il trasferimento sospensivamente condizionato, quindi il nuovo contratto, prevale su trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente all’iscrizione ipotecaria.
Nel caso in cui l’immobile venga sottoposto a esecuzione forzata per espropriazione, il trasferimento avviene comunque: il creditore si rivolge al giudice dell’esecuzione, il quale accerta l’inadempimento del debitore e procede a nominare un esperto per effettuare la stima del diritto sull’immobile. Il giudice emette quindi un’ordinanza di accertamento dell’inadempimento con cui fissa un termine entro il quale il debitore, quindi l’impresa, deve versare una somma non inferiore alle spese di esecuzione e agli eventuali crediti con diritto di prelazione anteriore, oppure pari all’eventuale differenza fra il valore di stima e il debito. In questo caso è sempre il giudice che, avvenuto il versamento, dichiara risolto il contratto.
Infine, in caso di fallimento dell’impresa (o dl titolare del diritto reale), il creditore se ammesso al passivo presenta istanza al giudice delegato per avviare lo stesso iter sopra descritto che scatta in presenza di esecuzione forzata.