Tratto dallo speciale:

Pensione anticipata: i punti deboli della riforma

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 29 Aprile 2016
Aggiornato 2 Maggio 2016 09:02

Il Governo prepara la riforma delle pensioni puntando alla flessibilità in uscita: ecco pro e contro delle formule di pensione anticipata previste.

In audizione sul DEF 2016, nel quale si chiede di rivedere la Riforma Pensioni Fornero entro il 2016, il Ministro Padoan ha annunciato l’intenzione del Governo di rendere più flessibile il sistema previdenziale, consentendo formule di pensione anticipata, con formule differenti a seconda del caso. In particolare, nel DEF si chiede dal Governo di adottare ogni iniziativa utile a promuovere, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, interventi in materia previdenziale volti a introdurre elementi di flessibilità per la pensione, anche con la previsione di ragionevoli penalizzazioni, nonché interventi, anche selettivi, in particolare nei casi di disoccupazione involontaria e di lavori usuranti.

=> Riforma Pensioni, nuovo piano del Governo

Inoltre, il Governo sembra inoltre intenzionato a dare maggiore rilevanza alla previdenza complementare.

=> TFR, quota obbligatoria ai fondi pensione

Le prime due formule allo studio del Governo prevedono un diverso meccanismo a seconda che la pensione anticipata riguardi un lavoratore che rischia di ritrovarsi senza lavoro senza la possibilità di reinserirsi nel mercato del lavoro. In particolare:

  • disoccupato non pensionabile perché troppo giovane: riceverebbe un trattamento finanziato dallo Stato;
  • esubero per ristrutturazione aziendale: sarebbe l’impresa a finanziare il trattamento per gli anni che mancano al lavoratore per andare in pensione.

Prestito pensionistico

Per chi ha invece intenzione di optare volontariamente per il classico prepensionamento, l’ipotesi più probabile è quella del prestito pensionistico: di per sé non sarebbe una novità se non per il fatto che adesso si pensa di coinvolgere le banche per ridurre la spesa pubblica necessaria a rendere operativa questa possibilità. Il prestito avrebbe così un ridotto impatto sulla finanza pubblica.  Ai lavoratori sarebbe concesso di andare in pensione fino a 3 anni prima rispetto ai requisiti ordinari, quindi a 63 anni e 7 mesi di età o 39 anni e 10 mesi di contributi. Il lavoratore percepirebbe una pensione ridotta del 3-4% per ciascun anno di anticipo.

In realtà, l’assegno percepito non sarebbe una vera e propria pensione quanto piuttosto un finanziamento garantito dalla futura pensione che il lavoratore riscuoterà a tempo debito. Quindi il debito dovrebbe essere restituito con una formula simile alla cessione del quinto della pensione.

=> Cessione del quinto INPS, nuove regole e oneri bancari

I contro di questa soluzione sono diversi, soprattutto legati ai costi per i lavoratori, tali che potrebbero rendere l’operazione sconveniente. In sostanza, il rischio è che il costo della previdenza venga semplicemente spostato dallo Stato a banche e lavoratori. Ad esempio va gestito:

  • il caso di morte prematura del pensionato: il debito con la banca potrebbe essere saldato da un’assicurazione stipulata dal pensionato, ma questo avrebbe comunque un costo;
  • chi pagherà i contributi figurativi per quei tre anni di anticipo. Se non venissero pagati, la pensione diventerebbe inevitabilmente, ulteriormente, più bassa;
  • il costo degli interessi bancari sull’assegno anticipato: se a pagarli sarà il lavoratore il costo dell’operazione diventerà ancora maggiore;
  • quali garanzie verranno offerte alle banche, che potrebbero rifiutarsi di aderire allo schema e concedere il finanziamento.