Il contratto di somministrazione non presuppone l’obbligo di comunicazione in caso di cessazione e deve essere sempre considerato a tempo determinato: lo specifica la Corte di Cassazione (sentenza n. 2734 dell’11 febbraio 2016), sottolineando come, anche una eventuale proroga, non contempli la possibilità di futura stabilizzazione e trasformazione del contratto a tempo indeterminato.
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La Cassazione è intervenuta rigettando il ricorso di un lavoratore inerente la richiesta di illegittimità di due contratti di somministrazione. Secondo il lavoratore, il termine di 60 giorni per impugnare il contratto decorreva dalla comunicazione scritta della sua cessazione da parte dell’agenzia di somministrazione (mai avvenuta). La Corte ha respinto il ricorso, ritenendo che un contratto di somministrazione, come tutti quelli a scadenza, cessa allo spirare del termine, senza bisogno di comunicarlo.
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Pertanto, anche senza comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore non ha diritto di impugnare sine die la somministrazione irregolare. Né il potenziale rinnovo per un numero indefinito di volte (a differenza di quanto previsto per i contratti a termine dall’art. 5 d.lgs. n. 368/01) autorizza a nutrire un giustificato affidamento a riguardo, tale da far ritenere indispensabile una formale contraria comunicazione da parte del somministratore.