Una società di comodo non può essere definita e gestita come tale se si dimostra lo svolgimento di una effettiva attività economica priva di vantaggio per i soci. Lo ha messo nero su bianco la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza n. 486/24/16 del 26 gennaio 2016, che trae origine dal caso di una società di compravendita di beni immobiliari su beni propri, che aveva effettuato un’operazione di sales and leaseback su immobili acquistati in precedenza.
=> Società di comodo: cause di esclusione
La società sosteneva che in accertamento aveva superato il test di operatività, seppure con perdite d’esercizio per l’incidenza di canoni di leasing superiori ai canoni di locazione commerciali e d’azienda pattuiti con terzi, in linea con i valori di mercato. Una perdita fiscale giustificata, tanto da chiedere la disapplicazione della disciplina relativa alle società in perdita sistematica per un determinato periodo d’imposta. Secondo i giudici, tuttavia, non risultavano idoneamente rappresentate e documentate le circostanze che avrebbero determinato il conseguimento delle perdite.
=> Società d comodo: gli effetti fiscali della disciplina
La CTR Lombardia ha tuttavia accolto l’appello, sottolineando che, nel rigetto delle richieste della società, l’Ufficio non aveva individuato dati, elementi, documenti e circostanze dotate di concretezza e analiticità per dare contenuto preciso e specifico alle proprie contestazioni.
Per contro, la società ha dimostrato ampiamente il nesso eziologico sussistente tra perdite e MOL (Margine Operativo Lordo) e l’oggettiva impossibilità di modificare i canoni di locazione, visto che erano pattuiti contrattualmente con soggetti terzi. Secondo la sentenza, quindi, la società non è di comodo perché ha dimostrato di aver svolto effettiva attività economica non finalizzata a garantire vantaggi fiscali ai propri soci.