La riforma dei reati tributari (art. 12, DLgs n. 158/2015) ha stabilito la responsabilità fiscale del professionista che prende parte con il contribuente alla commissione dell’illecito. I reati penali possono coinvolgere il consulente fiscale che fornisce pareri in materia o suggerimenti circa la conduzione e l’organizzazione dell’attività imprenditoriale del cliente. La configurazione del reato, tuttavia, avviene solo in presenza dell’elemento soggettivo del dolo. In altre parole, occorre che sia cosciente di commettere reato, in caso contrario non può essere punibile penalmente.
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Può dunque avvenire che il consulente sia partecipe all’evasione di imposte, suggerendo con quali modalità aggirare le prescrizioni normative o inducendo il contribuente a evadere, mentre non può essere accusato di reato penale in caso di incapacità o incoscienza, come affermato dalla Cassazione (sentenza n. 4383 del 10 dicembre 2013).
La suprema Corte (sentenza n. 35453 dell’1 ottobre 2010) si è anche espressa circa il concorso fra cliente e commercialista nella commissione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, che si configura nel caso in cui, presso lo studio del consulente, venga trovato un rilevante numero di fatture non contabilizzate dalle imprese emittenti ma solo dall’emittente al fine di evadere l’IVA e le imposte sui redditi.
Al contrario (sentenza n. 16958 del 29 marzo 2012) il concorso per omessa dichiarazione non sussiste poiché:
«l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi, non esonera il soggetto obbligato (contribuente) dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione.»
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Pene e sanzioni
L’art. 13-bis, del D.Lgs. n. 74/2000, recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205, così come modificato dal D.Lgs. n. 158/2015, sostiene che:
«Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.»|
Poiché la norma si applica esclusivamente ai reati individuati dal già citato titolo II, le pene sono aumentate della metà per il concorso nella dichiarazione fraudolenta mediante:
- uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
- dichiarazione infedele;
- omessa dichiarazione;
- emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- occultamento o distruzione di documenti contabili;
- omesso versamento di ritenute certificate;
- omesso versamento dell’IVA;
- indebita compensazione;
- sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.