Secondo quanto previsto dal Codice Civile, in caso di licenziamento da parte del datore di lavoro o di dimissione da parte del lavoratore, è necessario avvisare per tempo la controparte, altrimenti si sarà chiamati a versare una indennità di mancato preavviso.
Su questo tema è intervenuta di recente la Corte di Cassazione, chiarendo le voci retributive che contribuiscono al calcolo dell’indennità.
Indennità sostitutiva del preavviso
In particolare l’art.2118 del Codice Civile prevede che:
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte ad un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
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Dunque se il datore di lavoro licenzia il dipendente senza il rispetto dei termini di preavviso, di norma i CCNL (Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro) prevedono, in base al livello e al numero di anni di servizio del dipendente, un’indennità per il periodo di preavviso non dato. Situazione analoga si presenta nel caso in cui sia il lavoratore a dimettersi senza rispettare i tempi di preavviso.
Quando spetta l’indennità sostitutiva
L’indennità di mancato preavviso spetta anche nel caso di fallimento dell’azienda, non rappresentando una giusta causa di risoluzione del contratto.
L’indennità di mancato preavviso non spetta invece qualora il dipendente sia stato licenziato per giusta causa, perché in questi casi il lavoratore non ha diritto al periodo di preavviso e può essere licenziato in tronco.
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Calcolo indennità di preavviso
L’indennità di preavviso va calcolata, in base a quanto stabilito dall’art.2121 del Codice Civile, tenendo conto di tutti i diritti che sarebbero maturati durante il preavviso se questo fosse stato lavorato. Ovvero:
Computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al prestatore di lavoro”. “Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.
Diritti e doveri connessi all’indennità di preavviso
Per tutto il periodo di preavviso non prestato, il lavoratore ha diritto a compensi e trattamenti che sarebbero maturati se avesse lavorato, inclusi i contributi previdenziali.
Pertanto, l’indennità sostitutiva del preavviso è assoggettata a contribuzione sia per la quota a carico del lavoratore sia per quella a carico del datore di lavoro.
Fiscalmente è considerata come indennità e somma percepita a in relazione della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, dunque è soggetta a tassazione separata.
In base alla sentenza 1581/2023 della Cassazione, al lavoratore che gode di indennità sostitutiva del preavviso, non spetta anche la quota di incidenza di altri istituti contrattuali come ad esempio le mensilità aggiuntive, le ferie o il TFR. In sostanza, la Corte ritiene non computabile l’indennità di preavviso ai fini della maturazione di tali istituti.