La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23756/2015, ha affrontato il rapporto tra un’operazione contestata e le prove che possono essere utilizzate per dimostrarla: fattura, regolarità delle scritture contabili, mezzi di pagamento usati. Secondo la Suprema Corte, l’assegno bancario non è sufficiente a dimostrare l’effettiva veridicità della fattura contestata.
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Il caso trae origine dalla sentenza n. 66/2010 con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento a carico di una società. I giudici hanno osservato che non risultavano elementi gravi, precisi e concordanti che potessero far presumere l’inesistenza delle prestazioni presupposte dalle fatture emesse, comunque incontestabilmente saldate con assegni bancari.
Prove dei pagamenti
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione poiché gli assegni bancari utilizzati come prova del pagamento non bastavano a dimostrare la contestata realtà oggettiva delle prestazioni e operazioni oggetto delle fatture. La Corte ha accolto il ricorso, sostenendo che le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze agevolmente falsificabili, non sono da sé idonee a superare le censure di operazioni inesistenti (Cass. 12802/11, 428/15).
Va esaminato il rilievo dimostrativo dell’esistenza di presunzioni semplici, secondo cui le operazioni fatturate non sono state effettuate (Cass. 24426/13). In linea di massima la fattura (salva l’ipotesi di contabilità inattendibile) è idonea a rappresentare un costo dell’impresa (art. 21 d.Iva) se rispettosa dei prescritti requisiti di forma e contenuto, tra i quali l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo (cfr. art. 226 della Direttiva 2006/112/CE ove è rifusa la “sesta direttiva” del 1977).
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Onere della prova
La prova per presunzioni costituisce, a tutti gli effetti, una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza dimostrativa in via esclusiva. Dunque, se l’Ufficio ritiene che la fattura “sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno” (operazione oggettivamente inesistente) e sostiene l’indebita detrazione VA e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata. Solo allora scatta per il contribuente l’onere della prova contraria, cioè quello di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 24426/13). Ciò non può consistere, come già detto in precedenza, nella esibizione della fattura, né nella sola regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale ciò che è fittizio (Cass. 15228/01).