In caso di licenziamento per giustificato motivo il datore deve concedere al lavoratore un congruo periodo di preavviso, che invece non è previsto nel licenziamento per giusta causa né, secondo quando stabilito dai giudici della Corte di Cassazione, in caso di cessazione dell’appalto. Vediamo in dettaglio la normativa di riferimento per le diverse fattispecie.
=> Licenziamento per giusta causa
L’art.2118 del Codice civile prevede che:
“ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte ad un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”.
=> Licenziamento senza preavviso e condanna penale
Con la sentenza n. 19740/2015, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di recesso per cessazione del contratto di appalto, stabilendo che al lavoratore licenziato non va riconosciuta l’indennità sostitutiva del preavviso. Una decisione che conferma quella della Corte d’appello che ha respinto la richiesta di condanna in solido di società committente e appaltatrice al pagamento dell’indennità di mancato preavviso di licenziamento.
=> Contratto a tutele crescenti e licenziamento
Questo perché, si legge nella sentenza:
“Tale indennità era maturata il 17 maggio 2007, mentre il contratto d’appalto era già cessato il 4 maggio 2007, per cui è altrettanto logica la motivazione impugnata nella parte in cui è precisato che il credito in questione non derivava dalla prestazione lavorativa resa nell’esecuzione del contratto d’appalto, bensì dall’autonoma scelta imprenditoriale della società, successiva alla cessazione dell’appalto, di non avvalersi più dell’attività lavorativa del dipendente, interrompendo, in tal modo, il rapporto in tronco”.
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