Il 730 precompilato «non sembra aver finora recato particolari benefici ai contribuenti interessati, che in gran parte già si avvalevano dell’opera dei CAF o del sostituto d’imposta»: nella delibera sul controllo gestionale delle amministrazioni dello Stato, la Corte dei Conti boccia l’introduzione del 730 precompilato, almeno se paragonato ad altre misure volte a intensificare la tax compliance fra Fisco e contribuente. In pratica, la magistratura contabile non ritiene che finora il nuovo 730 sia servito a semplificare la vita al contribuente in materia fiscale.
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La dichiarazione precompilata non viene dunque considerata rilevante sul fronte della tax compliance. Il provvedimento più significativo per la collaborazione fra amministrazione e contribuente è invece considerato quello sulla fatturazione elettronica che, «a decorrere dal 2017 e in forma solo facoltativa», introduce la comunicazione telematica di fatture e corrispettivi eseguiti anche tra privati. Il riferimento è al decreto legislativo 127/2015, attuativo della delega fiscale, che prevede a partire dal primo gennaio 2017 una serie di incentivi, soprattutto semplificazioni fiscali, per la:
«memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi».
Mentre la fatturazione elettronica è già obbligatoria per le operazioni verso tutte le pubbliche amministrazioni., il decreto che incentiva questo strumento per le operazioni fra privati contiene un obbligo, sempre a partire dal 2017, per le sole «cessioni di beni tramite distributori automatici».
La Corte dei Conti sottolinea proprio quest’ultima misura, commentando nel seguente modo:
«soltanto nel caso, in verità marginale, dei corrispettivi realizzati attraverso distributori automatici la comunicazione telematica ha carattere obbligatorio. E’ pertanto evidente come il carattere facoltativo della nuova modalità di comunicazione dei dati contabili limiterà notevolmente l’effetto di emersione delle basi imponibili che la misura comporta».
Tax compliance
La Corte dei Conti ritiene che l’adozione del nuovo modello di tax compliance, ovvero di un rapporto fra Fisco e contribuente maggiormente orientato alla collaborazione e all’emersione spontanea di eventuali irregolarità, debba presupporre la:
«tempestiva acquisizione e messa a disposizione di tutti gli elementi conoscitivi necessari per l’adempimento tributario e utili ad esercitare una effettiva moral suasion sui comportamenti fiscali di coloro che possono, nella fase dichiarativa, autonomamente fissare il loro livello di fedeltà fiscale».
Il problema è che al momento:
«non risultano in essere strumenti conoscitivi idonei allo scopo, quali quelli relativi alle operazioni intrattenute con clienti e fornitori» (fatturazione elettronica) e ai provvedimenti relativi ai «movimenti finanziari registrati sui conti bancari».
Come la Superanagrafe tributaria a cui, dal 2015, gli intermediari comunicano una maggior mole di dati rispetto al passato. E’ in realtà sotto questo profilo (la compliance fiscale), che la Corte dei Conti boccia il 730 precompilato, ritenendo che non abbia prodotto benefici particolari per i contribuenti. Di contro, vengono considerate positivamente le norme della Legge di Stabilità 2015 destinate a contrastare l’evasione sull’IVA, come il reverse charge (inversione contabile, per cui è il cliente, e non il fornitore, a pagare l’imposta sul valore aggiunto) e lo split payment (la scissione dei pagamenti per le operazioni nei confronti della Pubblica Amministrazione, che versa l’IVA direttamente all’Erario).