Il franchising è lo strumento che meglio degli altri riesce ad affrontare la crisi, con un giro d’affari di oltre 22 miliardi di euro,54.000 punti vendita e 185.000 addetti, con una media di 3,5 impiegati per ogni retail. Il franchising è dunque una buona opportunità di business, ma il processo di affiliazione richiede tempo e rispetto di step fondamentali.
Il primo passo è analizzare il mercato per capire quali settori offrono oggi possibilità di crescita, con l’aiuto della casa madre. Una volta individuato settore e franchisor ideale si dovrà richiedere copia del contratto. La normativa corrente prevede che il contratto debba essere stipulato per iscritto e deve riportare l’ammontare degli investimenti iniziali; la percentuale del fatturato che deve essere corrisposta al franchisor; i servizi di assistenza offerti al punto vendita; la durata non inferiore a tre anni; le condizioni di rinnovo, risoluzione e cessione del contratto; l’eventuale esclusiva territoriale garantita al franchisee.
Fra le informazioni che il franchisor deve fornire ai suoi affiliati prima della firma del contratto vi sono gli ultimi bilanci del gruppo (valutare la solidità e l’andamento del fatturato negli anni), il tasso di turnover (capire la durata media della vita di un franchisee), l’ammontare degli investimenti in pubblicità , il tempo di ammortamento dell’investimento iniziale del negozio. Il franchisor ha, inoltre, l’obbligo di formare il franchisee e fornirgli un manuale operativo contenente il know-how necessario per gestire il punto vendita.
Per aprire un’attività in franchising occorre un investimento iniziale di circa 30.000/40.000 euro. Tale importo, tuttavia, potrebbe aumentare sensibilmente per alcuni settori quali, ad esempio, quelli del fast food. All’avvio dell’attività occorre, inoltre, tenere conto della spesa per l’affitto dei locali, delle royalties e delle tariffe che dovranno essere versate mensilmente alla casa madre.