Anche la CGIA di Mestre, dopo la CNA, chiede l’eliminazione dello split payment IVA: nei primi 11 mesi del 2015 è costato alle imprese circa 5,8 milioni di euro di mancati anticipi (gettito incassato direttamente dallo Stato), un danno a cui si aggiunge la beffa dei tradizionali ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione (che ora paga l’IVA direttamente all’Erario). Si moltiplicano così le critiche all’obbligo di split payment per forniture alla PA – meccanismo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 – con contestuali richieste di abolizione.
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Come ha spiega Paolo Zabeo, coordinatoire ufficio studi CGIA Mestre, le imprese che lavorano per la PA scontano un mancato incasso IVA che peggiora la già grave crisi di liquidità in cui versano da anni, soprattutto le PMI. Il meccanismo dello split payment IVA è stato deciso per contrastare l’evasione fiscale (una volta incassata l’IVA dal committente pubblico, l’azienda fornitrice potrebbe non versarla all’Erario), ma il problema è che provoca
«seri problemi finanziari a tutti coloro, vale a dire la quasi totalità, che con l’evasione non hanno nulla a che fare».
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L’Amministrazione finanziaria, consapevole del problema, ha introdotto misure per accelerare il rimborso dell’IVA a credito: nel caso dello split payment, entro tre mesi dalla richiesta. Anche qui c’è un ma:
«se si considera che è necessario presentare un’istanza infrannuale che abbraccia un periodo di tre mensilità, sottolinea la CGIA di Mestre, i tempi necessari per il rimborso potrebbero arrivare a sei mesi».
«Sottrarre 5,8 miliardi di euro alle aziende che in questo momento continuano ad essere penalizzate dalle banche è stato un errore. Per questo chiediamo al Governo, visto il perdurare dell’assenza di liquidità, di eliminare lo split payment. Infatti, nonostante l’introduzione da parte della BCE del quantitative easing, nell’ultimo anno i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti di 4 miliardi di euro, sebbene la domanda di credito di queste ultime sia aumentata del 3%».