Licenziamento per uso improprio del pc aziendale

di Filippo Davide Martucci

17 Dicembre 2015 09:15

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Non sempre un uso improprio degli strumenti informatici aziendali porta al licenziamento: la Cassazione chiarisce casistica e limiti.

Non sempre è punibile con il licenziamento il lavoratore che fa uso personale della casella email aziendale e della navigazione su Internet durante l’orario di lavoro: la Corte di Cassazione si è espressa a riguardo con la sentenza n. 22353 del 2 novembre 2015. La vicenda prende le mosse da una precedente sentenza del 2010, che confermava la decisione del Tribunale di ritenere illegittimo il licenziamento disciplinare intimato a un lavoratore a causa dell’uso improprio di strumenti informatici aziendali.

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Secondo i giudici gli addebiti rientravano nella previsione dell’articolo 53 del contratto collettivo, che prevede solo una sanzione conservativa se l’uso personale di posta elettronica e browser non determinano una significativa sottrazione di tempo all’attività di lavoro, con grave danno per l’attività produttiva.

Secondo l’azienda, la Corte d’appello avrebbe ignorato la lettera di contestazione, che richiamava l’elusione delle informative e dei preavvisi su un uso attento della strumentazione aziendale. La condotta avrebbe quindi integrato anche la violazione del dovere di obbedienza previsto dall’articolo 2104 del Codice Civile. Inoltre, l’installazione di programmi coperti da copyright e di software non fornito dall’azienda comportava un utilizzo illegittimo oltre che improprio.

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Sentenza

Nel respingere il ricorso la Cassazione ha spiegato che le allegazioni della società ricorrente non dimostrano infrazioni disciplinari diverse e più gravi rispetto alla fattispecie di uso. Il riferimento a preavvisi non prospetta una violazione di obblighi contrattuali, rilevando solo ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento. La contestazione, infine, non sanciva la violazione di limiti di utilizzo di programmi coperti da copyright, con conseguenti profili di responsabilità per l’azienda. Viene pertanto esclusa la particolare gravità del comportamento addebitato sotto il profilo della sussistenza della giusta causa.