In pieno terzo millennio la conciliazione lavoro-famiglia per le donne in Italia è ancora difficile, molto difficile, e a risentine sono occupazione e imprenditoria femminile: uno studio di Confartigianato misura un tasso di attività lavorativa per le donne tra 25 e 44 anni senza figli dell’82,1%, che scende al 63% per le lavoratrici madri della stessa età. Il gap è superiore al 19%. La ricerca dell’Osservatorio Imprenditoria Femminile è stata presentata a Roma l’11 novembre alla Convention di Donne Impresa Confartigianato, che rappresenta le 359.500 imprenditrici artigiane attive in Italia.
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Il problema fondamentale viene identificato nel basso livello di spesa pubblica per la famiglia, pari a 16,5 miliardi (l’1% del Pil), che colloca l’Italia al 22esimo posto tra i Paesi Ue (dove la spesa media per la famiglia è all’1,7% del PIL). Più consistenti gli interventi per gli anziani, che, tra pensioni e spesa per la salute, corrispondono al 20% del PIL (sopra la media europea, che è invece al 15,1%).
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Fondamentalmente, lo Stato non offre alle madri che lavorano strumenti adeguati per conciliare lavoro e famiglia. Il 42,7% delle madri occupate segnala di avere difficoltà a coniugare l’attività professionale con gli impegni familiari. Per la cura dei figli si affidano soprattutto a reti di aiuto informale: il 51,4% dei bambini con meno di 2 anni viene accudito dai nonni, solo il 37,8% frequenta un asilo nido. Molto basso, intorno al 4,2%, la scelta della baby sitter a tempo pieno. In pratica solo l’11% dei bambini fino ai 2 anni di età frequenta un nido. Percentuali sopra la media (ma comunque, non certo altissime) in Emilia Romagna (24,8%), Toscana (19,6%), Lazio (16,8%), Valle d’Aosta (16,7%).
In media i Comuni spendono per la famiglia e i minori il 40% delle risorse destinate ai servizi sociali, percentuali che sono però superate dalle amministrazioni di Umbria (55,7%), Emilia Romagna (49,8%), Liguria e Molise (entrambe al 49,6%). La spesa media pro capite dei Comuni italiani per famiglie e minori è pari a 113 euro, superata da Emilia Romagna (237 euro), Trentino Alto Adige (198 euro), Valle d’Aosta (194 euro), Liguria (187 euro).
«Le donne italiane sono sull’orlo di una crisi di … welfare», sottolinea Edgarda Fiorini, Presidente di Donne Impresa Confartigianato, parafrasando il titolo di un noto film di Pedro Almodovar (Donne sull’orlo di una crisi di nervi). L’Italia, prosegue Fiorini, non solo non è un Paese per mamme che lavorano, ma lo è ancor meno per le imprenditrici, che
«sono escluse dagli interventi a tutela della maternità previsti per le lavoratrici dipendenti. Risultato: tra crisi economica e carenze dei servizi pubblici per la famiglia, il numero delle donne che svolgono attività indipendenti tra il 2005 e il 2015 è diminuito del 5,6%».
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Le richieste di Donne Impresa Confartigianato per la conciliazione lavoro e famiglia, e in particolare per le imprenditrici:
- voucher babysitting integrati da voucher per assistenza ai familiari anziani e ai disabili;
- voucher per formare i collaboratori chiamati a sostituire temporaneamente la titolare nell’attività d’impresa;
- credito d’imposta per incentivare la creazione di attività d’impresa nei servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia;
- sgravi fiscali e contributivi per assunzioni a tempo determinato di coadiuvanti nei periodi di maternità o di assistenza a figli minori o parenti anziani;
- istituzione, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di un Fondo per l’imprenditoria femminile.
Fra l’altro, incentivare la partecipazione femminile al mondo del lavoro, riducendo il gender gap (discriminazione di genere), è anche conveniente dal punto di vista della crescita economica, e parecchio: in base a un recente report McKinsey dedicato a “The power of parity“, se ci fosse nel mondo del lavoro la parità fra donne e uomini, il pil mondiale crescerebbe di 28 miliardi di dollari (il 26%), entro il 2025.