Il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto che scongiura l'aumento IVA al 22% ma non per questo possiamo ritenerci soddisfatti.
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L'aumento dell'imposta sul valore aggiunto slitta soltanto, e la copertura necessaria sarà garantita dai rincari sugli acconti Irpef e Irap su persone fisiche e società di persone dal 99% al 100%, Ires al 101% sulle società , e 110% per quelli dovuti da aziende e istituti di credito sulle ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale.
In pratica non cambia quasi nulla: imprese e contribuenti saranno chiamati a versare all'Erario maggiori imposte a titolo di acconto ma questo sacrificio non porterà a nessun beneficio.
Da parte del Ministero dell'Economia è arrivata puntuale la precisazione, quasi come fosse una giustificazione, una scusa o un necessario atto di difesa: l'aumento degli acconti Irpef, Ires e Irap non si traduce in tasse in più; si tratta, piuttosto, di un'anticipazione ma non di un aumento della pressione fiscale.
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In effetti è così. Sotto il profilo economico si tratta di una anticipazione e questo non rappresenta maggiori oneri in capo a imprese e persone fisiche poiché le imposte maggiormente versate in acconto saranno adeguatamente compensate al momento del saldo.
Ma se osserviamo questi movimenti sotto l'aspetto finanziario si sta chiedendo a imprese e persone fisiche di provvedere motu proprio alla copertura fiscale necessaria.
Purtroppo, questo ennesimo sacrificio chiesto agli Italiani è indubbiamente inefficace , poiché quando si dovrà compensare il maggior anticipo delle imposte versate ci si ritroverà nuovamente nella situazione attuale.
Questa operazione, infatti, permette al Governo di slittare il problema di circa novanta giorni.
Una soluzione temporanea che ci permetterà di passare in uno stato di calma apparente l'estate 2013 e rinviare ogni possibile decisione al prossimo autunno quando, si spera, il premier Enrico Letta sarà nelle condizioni di fare scelte più coraggiose.