Critiche dai sindacati, dibattito acceso sul fronte politico, apprezzamento dagli imprenditori: sono le prime reazioni alla manovra economica 2016 che, presentata dal Governo, inizia ora il cammino parlamentare. La posizione più critica sulla Manovra 2016 approvata dal Governo il 15 ottobre è della Cgil, che per esprimerla utilizza il linguaggio del premier, trasformando in “quattro segni meno” gli altrettanti segni positivi dell’Italia con il segno più, slogan con cui il governo ha presentato la Legge di Stabilità. In sintesi: meno libertà per i lavoratori, meno lotta all’evasione, meno sanità e meno lavoro e salario:
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La Cgil ritiene che ci siano innanzitutto meno libertà per i lavoratori, perché:
«sul fronte delle pensioni non c’è flessibilità e senza flessibilità in uscita ci sono ancora meno possibilità per i giovani di entrare nel mondo del lavoro».
Quanto all’evasione, dito puntato contro l’innalzamento della soglia del contante a 3mila euro, che:
«favorisce l’evasione e l’elusione fiscale, l’economia sommersa, il lavoro nero e la corruzione».
Meno sanità, perchè:
«si continua nella politica di disinvestimento nella sanità pubblica. Il fondo passa dai 109 miliardi di un anno fa ai 110 di oggi, il miliardo in più non copre neppure gli indici di adeguamento previsti dall’invecchiamento della popolazione, e i nove milioni di persone che già oggi non riescono a curarsi faranno sempre più fatica». Infine, meno lavoro e salario: «300 milioni stanziati per il rinnovo del contratto dei lavoratori del pubblico impiego equivalgono a 7,80 euro lordi al mese per i prossimi tre anni».
Sui contratti degli statali è d’accordo anche la Cisl, che ritiene insufficienti le risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, fermo da anni. Il sindacato diretto da Annamaria Furlan, però, esprime soddisfazione per l’azzeramento di IRAP e IMU agricola.
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Soddisfazione, invece, sulla manovra 2016 dal mondo delle imprese.
«Ci sono elementi positivi che corrispondono al massimo che si possa fare nell’attuale situazione di disponibilità, anche in base ad una spending review che è un po’ inferiore alle previsioni»-
Commenta così Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria che in particolare approva gli ammortamenti al 140%, misura che va incontro a specifica richiesta degli imprenditori. Per Rete Imprese Italia, bene aver evitato l’aumento IVA, la riduzione del carico fiscale sulle imprese, in particolare al’umento della franchigia IRAP per le piccole attività, la revisione del regime dei minimi, il recupero IVA crediti insoluti. Mancano, però:
«una serie di interventi che le piccole imprese aspettano da tempo e per i quali Rete Imprese Italia auspica l’inserimento nel corso del dibattito parlamentare» partendo dalla deducibilità totale dell’IMU sugli immobili strumentali, compresi negozi e alberghi.
Altra richiesta è attuare:
«la parte di Delega fiscale che darebbe alle imprese soggette ad IRPEF la possibilità di tassare ad aliquota proporzionale IRES gli utili non prelevati perché reinvestiti in azienda (la nuova ‘IRI’) e ai soggetti in contabilità semplificata di pagare le tasse solo dopo l’incasso delle fatture».
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Anche Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ritiene che:
«sulla strada dell’ abolizione della TASI si doveva anche procedere alla totale deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali, compresi negozi e alberghi».
In generale, secondo Sangalli il Governo ha intrapreso la strada giusta con l’abbassamento delle tasse, ma ha avuto poco coraggio sul fronte della spending review. Il bilancio del presidente di Confcommercio: tre scelte buone (sterilizzazione clausole di salvaguardia per il 2016, franchigia IRAP, proroga agevolazioni edilizie ed Ecobonus), una nota dolente e un’aspettativa mancata, perché:
«secondo noi ci voleva più coraggio nella riduzione della spesa pubblica improduttiva per trovare quelle risorse necessarie per arrivare ad una generalizzata riduzione della aliquota IRPEF».
Il punto relativo alla spending review, sollevato sia da Squinzi sia da Sangalli, è anche al centro del dibattito politico: il punto è che in manovra ci sono risparmi di spesa per 5 milioni, la metà rispetto ai 10 milioni annunciati dai piani di spending review nei mesi scorsi. La manovra è in buona parte finanziata in deficit, come si dice. Su questo si concentrano molte delle critiche sul fronte politico.
Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera: Renzi:
«non ha dato una sola indicazione di copertura», un «atteggiamento irresponsabile e spudorato».
Duro anche l’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina, che parla di «manovra senza impatto espansivo, attenta agli interessi più forti. Una manovra “berlusconiana” per segno elettorale e sociale.
Gioca con lo slogan renziano anche il Movimento 5 Stelle:
«la nuova legge di stabilità parla di un’Italia con il segno più. Più slogan, più annunci, più balle».
Nel merito: il taglio IRES tanto sbandierato non c’è più, la spending review è ridotta al lumicino e tutte le altre maggiori coperture, dalle briciole UE sul deficit al rientro dei capitali, sono solo “una tantum”, mentre nel 2017 abbiamo 26 miliardi di clausole di salvaguardia che diventano un macigno sempre più grande.