Tratto dallo speciale:

Pensioni: il contributivo penalizza invalidi e inabili

di Barbara Weisz

13 Ottobre 2015 14:14

Pensioni e assegni di inabilità e invalidità con sistema contributivo, a contribuzione ridotta e prestazioni a rischio povertà: esempi di calcolo e proposte di riforma.

Pensioni
Con il passaggio al
contributivo, le pensioni di invalidità e inabilità vengono spesso dimezzate, con cifre a forte rischio povertà: è l’allarme Cgil, il cui patronato INCA ha messo a punto il dossierPensioni: la povertà del sistema contributivo“, con una serie di casi concreti. Come spiega Fulvia Colombini (collegio di presidenza INCA), si tratta di situazioni che:

«non riguardano certamente la generalità dei lavoratori e lavoratrici che sono iscritti al sistema contributivo, ma una quota di persone che, già oggi, è a forte rischio di povertà: se non si introdurranno dei correttivi, assisteremo al peggioramento della situazione in generale».

=> Calcolo pensione con il contributivo misto

Il rapporto presenta nove casi di pensioni di inabilità e assegni di invalidità già liquidati, con l’applicazione del sistema contributivo e simulazione sugli effetti della ridotta contribuzione figurativa NASpI. Ne descriviamo due.

Assegno e pensioni di inabilità

Maja, 36 anni, anzianità contributiva complessiva pari a 356 settimane (6 anni e 10 mesi circa), di cui 326 da collaboratore familiare (da giugno 2002 a ottobre 2009) e 30 settimane di disoccupazione (dal dicembre 2009 al giugno 2010). Maja si ammala e dal 1° luglio 2010 percepisce l’assegno ordinario di invalidità (50 euro lordi mensili). Le sue condizioni di salute si aggravano, non riprende più il lavoro, nel 2014 le viene riconosciuta la pensione di inabilità assoluta e permanente e con essa una maggiorazione contributiva, come se avesse effettuato i versamenti previdenziali fino a 60 anni di età. Nonostante l’incremento di 1.309 settimane, ovvero 25 anni e 2 mesi (maggiorazione convenzionale fino a 60 anni di età), l’importo del trattamento passa a circa 260 euro lordi mensili, senza nessun trattamento di integrazione al minimo, poiché il sistema contributivo di calcolo della pensione non lo consente.
Se avesse avuto anche una sola settimana di contribuzione precedente il 1° gennaio 1996
, soddisfacendo i limiti reddituali personali e coniugali, avrebbe avuto il trattamento minimo, pari a 501,89 euro per il 2015.

=> Calcolo pensione con retributivo, contributivo o misto

Assegno ordinario di invalidità

Romana ha lavorato per 4 anni e 4 mesi da dipendente privato (ottobre 1996 a gennaio 2002), per 11 anni e sei mesi come artigiana (gennaio 2003 – giugno 2014), per tre anni e quattro mesi come collaboratrice, coincidente con il periodo di lavoro artigiano. Si ammala e dal primo agosto 2014 percepisce assegno ordinario di invalidità, 265 lordi mensili, nel quale sono considerati solo i contributi da lavoro dipendente e da artigiano, con esclusione, quindi, della contribuzione da collaboratore perché le norme attuali non lo prevedono. Romana potrà valorizzare i contributi come collaboratore in due casi: se si aggrava la sua salute e le viene assegnata la pensione di inabilità totale, oppure al compimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Romana maturerà il diritto alla pensione di vecchiaia presumibilmente a 68 anni e 9 mesi di età se avrà maturato 20 anni di contribuzione e l’importo minimo di almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Non perfezionando tali requisiti dovrà aspettare 73 anni di età per la pensione di vecchiaia con almeno 5 anni di contribuzione effettiva, a prescindere dall’importo maturato.

=>Pensioni di invalidità sospese da ottobre

Se avesse avuto anche una sola settimana di contribuzione precedente il 1° gennaio 1996, l’assegno ordinario di invalidità sarebbe stato integrato al trattamento minimo, possedendo redditi inferiori ai limiti previsti. Al compimento dell’età pensionabile – presumibilmente a 68 anni e 9 mesi – avrebbe percepito il trattamento pensionistico di vecchiaia se in possesso di almeno 20 anni di contribuzione, a prescindere dall’importo maturato (in questo caso non è richiesto l’importo minimo di 1,5 volte quello dell’assegno sociale).

Considerazioni

Il punto, si legge nel rapporto, è che nel futuro saranno sempre più frequenti le situazioni di persone che versano i contributi a gestioni diverse, perché potrà succedere di cambiare lavoro con una certa frequenza. Ma le limitazioni sopra descritte penalizzano e non favoriscono la mobilità professionale delle persone.

Proposte

«Con una spesa limitata e spalmata negli anni, [i seguenti interventi, ndr] andrebbero ad alleviare tante situazioni di disagio e di povertà che rischiano di diventare situazioni di esclusione sociale»:
  • reintrodurre l’integrazione al minimo,
  • eliminare i massimali alla contribuzione figurativa sui trattamenti legati alla disoccupazione involontaria NASpI,
  • diversificare l’aspettativa di vita in base alle varie tipologie di lavoro, eliminare le incongruenze e le disparità tra lavoratori (come la possibilità di andare in pensione anticipatamente solo per chi matura importi di pensione più alti),
  • introdurre la possibilità di riscatto della maternità facoltativa, anche oltre i cinque anni previsti e eliminare la diversa valorizzazione retributiva dei periodi figurativi,
  • rilanciare l’opzione donna per la flessibilità in uscita, considerare le maggiorazioni contributive previste per determinate categorie di lavoratori (es. invalidi civili, del lavoro, non vedenti e sordo muti) ai fini del calcolo della pensione.