I dispositivi mobili forniti dalle aziende appaiono in molti casi agli occhi dei dipendenti come oggetti obsoleti e poco user-friendly, al punto che non sono così rari i casi di dispositivi danneggiati volutamente per accelerarne la rottamazione.
Ciò si traduce in una spesa extra per le aziende, nonchè ad una spinta al fenomeno BYOD, che tuttavia non costituisce di per sé una risposta risolutiva.
Vediamo come e perché.
La ricerca Panasonic Computer Product Solutions, condotta da Dynamic Markets su più di 500 impiegati britannici, mette in evidenza questa tendenza “sabotatrice” da parte dei dipendenti, che sembra coinvolgere in maniera particolare manager Vendite, Marketing e IT.
Il 9% ha ammesso di sentirsi in imbarazzo quando utilizza i dispositivi messi a disposizione dalle aziende; il 7% li trova difficili da utilizzare e il 6% sembra proprio detestarli. Per il 18% si tratta di dispositivi datati e fuori moda, mentre il 17% li trova scialbi e noiosi oppure brutti e privi di stile (11%).
Questo atteggiamento negativo si traduce in alcuni casi in azioni distruttive: il 23% a dichiarato di averli volutamente fatti cadere o gettati a terra, ersato sopra liquidi (13%) oppure di averli immersi in acqua (5%); il 12% ha dichiarato invece di avere rotto “inavvertitamente” lo schermo.
A prima vista, il quadro sembrerebbe dare ragione al fenomeno del BYOD: 1 dipendente su 3 vorrebbe utilizzare il proprio dispositivo sul posto di lavoro. Ma questo comporta la necessità per le aziende di affrontare nuove sfide sul fronte della sicurezza e della gestione dei dati, non sempre di non facile soluzione.
Per essere gestite con efficacia, rischiano di gravare sulle spese aziendali ben più di qualche dispositivo da sostituire. Il segreto è analizzare i reali bisogni e valutare il rapporto costi/benefici dell’adozione controllata del BYOD nella propria azienda, o ancora meglio dotare i manager e dipendenti di terminali mobili adatti al doppio uso personale/lavorativo, così come l’offerta di mercato sembra oggi muovere.