Indennità di mobilità o NASpI? Indipendentemente da quella che risulta essere la scelta più conveniente, l’INPS boccia la possibilità di scegliere quale prestazione chiedere. Più in particolare l’Istituto vincola il lavoratore collocato in mobilità a seguito della relativa procedura alla richiesta dell’indennità di mobilità, senza possibilità di chiedere la NASpI.
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A chiarirlo è la Circolare INPS 142/2015 con la quale illustra anche le principali differenze tra i due istituti:
“Nell’ipotesi di licenziamento collettivo a seguito di procedura di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, il lavoratore che abbia presentato apposita domanda di indennità di mobilità accede esclusivamente alla indennità di mobilità, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti; pertanto, sussistendo i requisiti di accesso a tale prestazione, il lavoratore non ha facoltà di optare tra l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione NASpI”.
Secondo quanto precisato dall’INPS, dunque, i lavoratori interessati da una procedura di licenziamento collettivo da aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale e appartenenti a particolari settori economico-produttivi possono accedere esclusivamente all’indennità di mobilità ordinaria, l’alternativa della NASpI scatta solo nel caso in cui la domanda di indennità di mobilità venga respinta.
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In generale la prestazione di disoccupazione NASpI è rivolta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione a seguito di licenziamento individuale, licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015, dimissioni per giusta causa (individuate dalla giurisprudenza), nonché risoluzione consensuale (esclusivamente se avvenuta secondo la procedura di cui all’art. 7, L. 604/1966)
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