Il TAR del Lazio, con sentenza 05054/2015, ha annullato la delibera 19 giugno 2014 con cui la Commissione presso il Dipartimento Informazione e Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri fissava l’equo compenso giornalistico. In particolare, si boccia l’introduzione di parametri di remunerazione non sufficientemente proporzionati alla quantità e qualità del lavoro svolto dai giornalisti autonomi, poiché le tabelle previste legittimano un sistema di lavoro a pezzo o a chiamata che finisce solo per aumentare la forza contrattuale degli editori.
=> Compensi professionali: regole e calcolo
I fatti traggono origine dalla Legge n. 233/2012, che introduce provvedimenti atti a garantire equità nei compensi dei professionisti free lance che scrivono per quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa ed emittenti radiotelevisive. La norma rimanda la definizione dei compensi alla Commissione, che ha pertanto deliberato l’equo compenso basandosi sul trattamento economico dei giornalisti con contratto subordinato.
Bocciatura TAR
Accogliendo il ricorso dell’Ordine dei Giornalisti, il TAR ha però bocciato il provvedimento perchè restringe il campo ai soli collaboratori a progetto (mentre la Legge individuava “giornalisti iscritti all’albo non titolari di rapporto di lavoro subordinato”) e perchè viola parzialmente l’art. 36 della Costituzione e l’art. 1 della L. 233/2012 (finalizzata a promuovere “l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo […] titolari di un rapporto di lavoro non subordinato”).
La Commissione, infatti, si è limitata a fissare una sorta di minimo garantito, che peraltro non corrisponde all’equo compenso identificato dall’art. 1, Co. 1, della legge n. 233 in attuazione dell’articolo 36, co. 1 della Costituzione. A parere della Corte, questa forma di tutela basata sugli emolumenti ai giornalisti non può neppure corrispondere alle tariffe dell’Ordine, che eliminerebbero ogni margine di contrattazione atto a valorizzare il rapporto di proporzionalità fra quantità e qualità del lavoro. Il TAR, quindi, ha annullato l’atto e trasmesso nuovamente l’onere di formulare una delibera alla Commissione, che tenga conto di quanto espresso dal Tribunale amministrativo.