Il Ministero del Lavoro (DGAI), con nota 2 aprile 2015 (prot. 5832), spiega quando è obbligatoria la conciliazione (articolo 1, comma 40, Legge n. 92/2012) nei casi di licenziamento per cessazione di un contratto di appalto. La Riforma Fornero, che ha sostituito l’articolo 7, Legge 15 luglio 1966, n. 604, ha previsto l’obbligo di tale procedura presso la Direzione del Lavoro competente territorialmente in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo posto in essere da un datore di lavoro che disponga dei requisiti previsti dall’articolo 18, comma 8, Legge n. 300/70. Ma ci sono delle eccezioni.
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Nel ricordare la circolare n. 3 del 16 gennaio 2013, il Ministero ribadisce che la procedura si deve attivare quando il licenziamento riguarda fino a 4 persone in 120 giorni, mentre se si supera tale numero si procede con la riduzione collettiva di personale, come indicato dalla Legge n. 223/1991.
Niente conciliazione
Il disposto (art. 7, comma 4, D.L. n. 76/2013, conv. dalla Legge n. 99/2013), tuttavia, esclude la conciliazione, indipendentemente dal numero di lavoratori, nel caso in cui le interruzioni dei rapporti di lavoro avvengano per superamento del periodo di comporto o in seguito a cambi di appalto, alle quali abbiano fatto seguito assunzioni in capo ad altri datori di lavoro. La conciliazione è esclusa anche per interruzione di contratti a tempo indeterminato nel settore costruzioni edili, per il completamento delle attività e per chiusura del cantiere (fattispecie indicate nell’articolo 7, comma 6, legge n. 604/1966 e articolo 2, comma 34, legge n. 92/2012).
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In ogni caso, non è applicabile la procedura prevista dall’articolo 7, legge 604/1966 per il licenziamento di oltre 4 lavoratori per cessazione dell’appalto e senza subentro di altra azienda.
Il Ministero richiama infine la risposta all’interpello 22/2012 sulle tutele legali e contrattuali dei lavoratori nelle procedure di cambio appalto: queste non riguardano la cessazione anticipata di appalto senza subingresso di un’azienda diversa.