Frode fiscale se il fornitore disconosce la fattura

di Francesca Pietroforte

30 Luglio 2015 10:02

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È reato di frode fiscale se anche le indagini della Guardia di Finanza trovano riscontro nelle dichiarazioni del fornitore che disconosce la fattura: sentenza della Cassazione.

Il disconoscimento di una fattura dal soggetto che l’ha emessa contribuisce ad avallare una condanna per frode fiscale, nel caso in cui la dichiarazione fraudolenta sia confermata dalla Guardia di Finanza: lo ribadisce la Corte di Cassazione (sentenza n. 16338 del 20 aprile 2015). A ricorrere in Cassazione è stato un imprenditore condannato a 8 mesi di reclusione per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

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Dichiarazione fraudolenta

La vicenda prendeva le mosse a partire da accertamenti della Guardia di Finanza in occasione dei quali si era riscontrata una fattura emessa da un’altra società, per un imponibile di euro 350mila euro oltre IVA per 70mila euro. Da successivi accertamenti presso l’Anagrafe Tributaria emergeva che la società emittente non aveva attuato operazioni attive negli anni di imposta dal 2004 al 2007; inoltre l’amministratore della società disconosceva la fattura in questione, confermando che in quel periodo non erano state emesse fatture di vendita. Tesi avvallata anche dal fatto che nessuna fattura era presente nelle contabilità delle due società. Per questi motivi i giudici avevano ritenuto che il documento si riferisse a operazioni inesistenti.

Appello in Cassazione

Il condannato aveva quindi deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando l’erronea valutazione delle dichiarazioni fornite dal presunto fornitore, inteso come soggetto interessato a fornire quella versione dei fatti e cioè a negare di aver venduto il materiale di cui alla fattura in contestazione.

Tale dichiarazione non poteva essere posta da sola a fondamento dell’affermazione di responsabilità, avendo la società emittente interesse ad occultare un’eventuale propria irregolarità, vale a dire l’omessa annotazione in contabilità e la conseguente violazione degli obblighi fiscali in relazione al prezzo incassato. In più si contestava la illogicità della motivazione nella parte in cui si dà per scontata, pur in assenza di qualsiasi indizio, l’inoperatività della società che aveva emesso il documento contabile, non tenendosi conto che proprio l’omessa denuncia per quegli anni di componenti attivi di reddito poteva giustificare il disconoscimento della fattura.

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Sentenza

La Cassazione ha rigettato il ricorso, sostenendo che i Giudici di merito non avevano fondato l’affermazione di responsabilità dell’imputato sulle sole dichiarazioni del titolare dell’altra società, ma avevano evidenziato che, dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza, era emerso che la società emittente non aveva realizzato operazioni attive, come confermato dalla mancanza di annotazione in contabilità di fatture, compresa quella oggetto del giudizio. Inoltre la medesima azienda non aveva alcun interesse a rendere mendaci dichiarazioni poiché, non essendo operativa, non aveva la necessità di occultare redditi, né erano emerse altre fatture non registrate.

Per contro l’imputato non aveva fornito alcun elemento per dimostrare l’effettività dell’operazione di cui alla fattura (anche attraverso prove dichiarative) e aveva interesse a far figurare elementi passivi fittizi di rilevante importo.