Il professionista che eroga elevati compensi a terzi, per prestazioni inerenti l’esercizio della propria attività, è soggetto al pagamento dell’IRAP, indipendentemente dal ricorso a lavoratori dipendenti o a una società/associazione professionale: lo ribadisce la Corte di Cassazione (sentenza n. 12287 del 12 giugno 2015), analizzando la controversia riguardante l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione Finanziaria a istanze del contribuente, esercente l’attività di perito edile, di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2001 al 2004.
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IRAP e limiti
La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna aveva confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente in seguito alla presunta mancanza del presupposto impositivo, rappresentato dall’autonoma organizzazione dell’attività professionale. In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto (conformemente al principio secondo cui non può essere assoggettata ad IRAP l’attività di lavoro autonomo consumata senza un’autonoma organizzazione, senza personale dipendente e con modesti beni strumentali) che, nella fattispecie, il contribuente ha documentato:
«Attraverso la dichiarazione dei redditi ed 11 registro dei beni ammortizzabili, l’assenza di dipendenti o collaboratori con vincolo di rapporto di lavoro continuativo e la presenza di beni di non rilevante entità, indispensabili per l’esercizio della propria attività”, con conseguente inesistenza di un’organizzazione “autonoma e diversa dalla propria prestazione professionale.»
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Compensi a terzi
L’Agenzia delle Entrate ha avanzato ricorso in Cassazione, lamentando l’assenza nella specie di elementi tali da giustificare l’applicazione dell’IRAP, non avendo i giudici d’appello valutato gli elevati compensi a terzi per prestazioni ricollegabili immediatamente all’attività professionale, emergenti dal quadro RE della dichiarazione dei redditi. La Corte ha accolto il ricorso, sostenendo che l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo se si tratta di attività non autonomamente organizzata.
Casistica
Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, che rappresenta una delle possibili condizioni capaci di configurare l’esistenza di un’autonoma organizzazione, già la Corte (Cass. 23761/2010) aveva sostenuto che è soggetto ad IRAP il professionista che, per prestazioni afferenti all’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente.
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Da ultimo (Cass.22674/2014), è stato ripetuto che:
«In tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui […] sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni che riguardano l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e di conseguenza il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale.»
Secondo i giudici, le pronunce precedenti, volte a favorire il contribuente, non avevano esaminato esaustivamente la realtà fattuale, valutando anche la significativa entità dei compensi erogati a terzi dal professionista negli anni d’imposta in contestazione.