Misure contro abuso del diritto ed elusione fiscale, a favore della tax compliance (collaborazione spontanea del contribuente) e di estensione dei vantaggi per la voluntary disclosure: sono le novità del decreto sulla certezza del diritto, attuativo della Riforma Fiscale r approvato il 17 luglio in CdM integrando le osservazioni formulate dalle commissioni parlamentari. In pratica, il Governo ha svolto un secondo esame preliminare del decreto – assieme ad altri due, sempre attuativi della delega fiscale (internazionalizzazione imprese e fatturazione elettronica), che ora torna in Parlamento per l’approvazione definitiva.
=> Riforma fiscale: i nuovi decreti approvati
Rispetto alla prima lettura laverà novità riguarda la norma sulla voluntary disclosure, la “collaborazione volontaria” per il rimpatrio dei capitali e la riemersione di quelli non dichiarati, valida fino al 30 settembre 2015: possibilità di ricorrere a questa sorta di scudo fiscale (l’imposta evasa si paga per intero ma con sconto sulle sanzioni e sanatoria penale) anche nel caso in cui siano già scaduti i termini di accertamento fiscale.
=> Voluntary Disclosure: i chiarimenti del Fisco
Significa che il contribuente, aderendo alla voluntary disclosure, gode di sconti amministrativi e di nessuna conseguenza penale anche per reati precedenti ai 4 anni previsti per la dichiarazione infedele e ai 5 per omessa dichiarazione. L’Esecutivo cerca così di eliminare un fattore che sta frenando l’adesione alla voluntary disclosure, che al 18 maggio aveva fatto emergere imponibili per 288 milioni di euro (cifra non sufficiente ad evitare l’aumento delle accise sulla benzina, ossia 671 milioni di euro).
=> Voluntary disclosure: istruzioni e domanda
Accertamenti
Altra modifica rispetto al testo originario del decreto riguarda il raddoppio dei termini: in presenza di un reato penale è possibile raddoppiare i termini solo nel caso in cui l’amministrazione finanziaria invii la denuncia entro quelli ordinari di accertamento. Si tratta di un elemento di tutela per il contribuente, che può contare su una certezza normativa (se i termini di accertamento sono scaduti, il reato non è più perseguibile) e di uno stimolo al Fisco ad operare con maggior efficacia.
Abuso del diritto
Per quanto riguarda l’abuso del diritto, dal punto di vista normativo viene unificato all‘elusione fiscale in relazione a tutti i tributi, diretti e indiretti. In pratica, i comportamenti fiscalmente aggressivi, che aggirano norme con l’unico scopo di pagare meno tasse, sono considerati forme di elusione fiscale. Si verifica l’abuso del diritto quando le operazioni effettuate non hanno sostanza economica (cioè non perseguono obiettivi come la crescita dell’attività, o la creazione di posti di lavoro, ma sfruttano le leggi per ottenere vantaggi fiscali) oppure c’è la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito o comunque in tutti i casi in cui il vantaggio fiscale ottenuto è in realtà l’effetto essenziale dell’operazione.
Quando l’Agenzia delle Entrate accerta che esiste abuso del diritto, i vantaggi fiscali ottenuti cessano di avere effetto. Ci sono casi in cui le operazioni possono comunque essere giustificate da “valide ragioni extrafiscali non marginali“, ad esempio di carattere organizzativo o gestionale, che quindi comportano un reale miglioramento funzionale dell’attività dell’impresa, o del professionista. Sarà l’amministrazione fiscale ad avere l’onere della prova nel caso in cui contesti un abuso del diritto, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza della prima citate “ragioni extrafiscali non marginali” che hanno motivato le operazioni.
Confermate infine le misure di tax compliance per le grandi imprese, che possono aderire al “regime di adempimento collaborativo” con autovalutazione e monitoraggio dei rischi connessi ai comportamenti fiscali e un continuo scambio di informazioni con l’amministrazione finanziaria, in modo da prevenire eventuali controversie.