Le aziende moderne sono in grado di sfruttare al meglio i nuovi canali media del Web 2.0? Quali nuovi contenuti online riescono oggi a offrire, e quanto si è rafforzata la comunicazione diretta con i clienti?
A queste e altre domande ha cercato di rispondere la ricerca “Social Media Monitor: 100 aziende nella rete” condotta da Paola Dubini e Martino Garavaglia dell’Osservatorio business Tv dell’Università Bocconi e presentata ieri in occasione del convegno “I pilastri dell’Enterprise Generated Content“.
Di certo, l’avvento del Web 2.0 ha dato origine a nuovi canali comunicativi, offrendo alle aziende la possibilità di impostare campagne pubblicitarie innovative, capaci di creare un contatto con i clienti.
Tuttavia, i risultati si sono rivelati al di sotto delle aspettative, sia per quanto riguarda il numero delle relazioni create in Rete che per la quantità e qualità dei contenuti messi a disposizione su Internet.
La ricerca ha analizzato 100 domini di imprese operanti in Italia e all’estero e che si caratterizzano per l’utilizzo di tecnologie partecipative (blog, forum, Wiki, social network, etc.), al fine di coglierne la ricchezza dei contenuti e il grado di contatto creato con i propri clienti.
Partendo dal presupposto che il Web 2.0 permette un’interazione con gli utenti e un coinvolgimento sia intellettivo sia emozionale – rendendo l’azienda più credibile agli occhi dei consumatori – è emerso come solo il 22% delle aziende sotto esame abbia adottato strategie di comunicazione sul Web caratterizzate per alta intensità di relazione offrendo al contempo una ricchezza di contenuti.
Si tratta nel complesso di imprese che investono oramai da tempo sul Web, con una forte identità di marchio e che accettano il rischio di utilizzare i social media come ambito specifico di comunicazione, nonché terreno di sperimentazione.
Sono ben 35 su 100 le imprese che invece fanno della Rete un utilizzo più che tradizionale e che risultano caratterizzate da bassa ricchezza dei contenuti e scarso contatto con i clienti: Internet viene visto in questo caso semplicemente come canale supplementare per informare il pubblico.