Costruirsi una identità social su uno o tutti i network disponibili, sui ogni media, raggiungendo una diffusione globale: un imperativo digitale per le aziende, che però, stando ai dati Weber Shandwick e Forbes Insights, necessita ancora di un perfezionamento di strategie.
Per questo, è nata la guida “Socializing Your Brand: A Brand’s Guide to Sociability”, su cosa significa e cosa si può socializzare il brand aziendale.
Il Metodo
L’agenzia di pubbliche relazioni Weber Shandwick collabora infatti con i propri clienti per costruire in modo creativo il brand e la relativa “brand reputation”, mentre Forbes Insight (Forbes Media) realizza ricerche di mercato in ambito business e in questo caso ha prodotto un questionario online, somministrato a a più di 1800 manager (senior executives) di tutto il mondo, attivi nelle aree Marketing, PR e Comunicazione.
La guida
Secondo i dati forniti nello studio, i manager intervistati credono fermamente che la presenza di un brand su piattaforme social, la cosiddetta socializzazione del brand, contribuisca alla reputazione complessiva del marchio stesso, per un imponente 52% con una stima di picco al 65% nei prossimi tre anni. L’84% degli intervistati sostiene che il proprio brand non è allineato allo standard mondiale di sociabilità ma che c’è una strategia in tal senso.
Ma esattamente cosa significa essere brand sociale riconosciuto a livello mondiale?
Sostanzialmente per un brand appartenere alla elite dei marchi “social” noti a livello mondiale, vuol dire interagire con il pubblico target, creando contenuti originali che aumentino l’esperienza interattiva, andando oltre trasmissioni notizie, offerte o eventi. I marchi social considerati di classe mondiale, sono attenti alle esigenze del pubblico.
Brand Manager
Socializzare il brand richiede uno sforzo di tutta l’organizzazione per integrare la personalità del marchio in tutti i canali di comunicazione: i brand manager devono strutturare il progetto integrando tutte le comunicazioni di marketing ed impegnandosi ad attuare un reale dialogo sociale.
Leslie Gaines-Ross, capo stratega reputazione di Weber Shandwick sostiene che “ora più che mai, i dirigenti devono sfruttare l’opportunità di connettersi con i clienti, facilitare una conversazione e incoraggiare il feedback”.
I passi fondamentali
Nella pratica la guida fornisce alcune direttrici che concorrono a “socializzare” il marchio:
- Più del mezzo è importante il messaggio: è necessario elaborare contenuti originali orientati specificamente per le piattaforme social. Il 45% delle aziende con “social” brand di livello mondiale, produce contenuti specializzati a tale obiettivo e nel futuro questi messaggi saranno più importanti della piattaforma o del mezzo social prescelto.
- Movimentare il brand: le aziende con un brand già “socializzato” applicano i propri strumenti in modi più sociali piuttosto che “costruire un inventario di strumenti per i social media”. E’ importante cioè diversificare il brand su supporti quali contenuti per mobile, app per social networks, attività di marketing di prossimità, o su un proprio canale Youtube.
- Integrare o morire: la personalità del brand deve essere veicolata su tutti i canali media tradizionali e social ed inoltre è necessario integrare elementi social media nelle stampe e nei messaggi broadcast del brand.
- Rendere il social un elemento centrale: il 41% delle aziende con un social brand di livello mondiale hanno una figura in organigramma che si occupa della strategia social. Uno di questi, intervistato in proposito, ha dichiarato “”La cosa più importante da fare è pianificare centralmente attività sociali dei media, in tutti i canali, per amplificare i messaggi chiave.”
- Preferire l’ascolto piuttosto che il proprio parlare: si devono tarare opportunamente i messaggi verso i clienti, in accordo alle loro aspettative, ai loro commenti, a quello cioè che è nelle loro menti e che risulta dai feedback ricevuti. Molte aziende con marchi social hanno cambiato prodotti, osservazioni in base alle raccomandazioni o ai consigli ricevuti e recepiti dai social. E il loro brand ne ha guadagnato in “sociabilità”.
- Contare su cosa importa davvero: stilare una classifica pesata dei contributi quando si misura l’efficacia sociale dei media assegnando priorità 1 se la provenienza è di tipo social.
- Pensare globale: si deve considerare la “portata globale”, cioè diffusione del brand su scala mondiale, tanto importante quanto il servizio al cliente costituisce un driver di reputazione aziendale. Il successo social a livello mondiale deve essere una priorità.
- Rivolgersi fuori per avere notizie sull’interno: chi gestisce social brand di livello globale, fa misurare le performance del proprio social brand, da un supporto esterno.
- Essere vigili: per proteggere l’integrità sociale del brand bsogna vigilare, almeno l’85% di più di quanto è stato fatto Wikileaks per le notizie e almeno il 58% di più rispetto alle violazioni della privacy.
Nella guida sono evidenziate le peculiarità nelle “socializzazioni dei brand”: le imprese del Nord America sono più orientate a integrare le strategie di “sociabilità del brand all’interno delle strategie di marketing e comunicazione aziendale; le imprese EMEA non hanno quasi mai un manager dedicato alle strategie sui social media come invece accade sia per le aziende nord americane che per quelle dell’America Latina; l’aspettativa attribuita alla sociabilità del brand è più spiccata in America Latina rispetto agli altri paesi.
In linea generale i modelli di marketing del brand devono essere ridefiniti per l’ambiente super social cui sono destinati. Qualche che sia il pubblico target, la comunicazione social è molto potente, irrefrenabile e considerata anche più di una forza motrice.
Gli alti dirigenti sembrano esserne consci, ma stando ai fatti, il dubbio, lecito e la sfida dei prossimi anni sta nel modo di usare questo potere per trarre il massimo vantaggio. E qui la partita sembra essere ancora tutta da giocare!