Il d.lgs. 231/01 disciplina la responsabilità amministrativa e penale delle imprese. Nelle PMI, soprattutto per ragioni economiche, però, non è sempre facile ragionare in termini di prevenzione, sia sotto il profilo del business, sia della sicurezza o dell’investimento. Ecco perchè si parla di “modello 231”: per poterlo adattare alle specificità aziendali. Vediamo in dettaglio come funziona.
Sistema 231 e responsabilità d’impresa
Il d.lgs. 231/01 è una sorta di grande calderone che annovera i reati che possono essere commessi nell’interesse e a vantaggio dell’ente, a fronte dei quali è ritenuto responsabile. Con il meccanismo sanzionatorio del sistema 231 l’azienda può dunque svincolarsi da ogni responsabilità solo se dimostra di aver adottato un efficace modello organizzativo e che l’illecito è stato compiuto aggirando i controlli predisposti.
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Tipologie di reato
Per le PMI, i reati più rilevanti possono individuarsi in quelli relativi a: rapporti con le Pubbliche Amministrazioni; crimini informatici, reati societari; omicidio colposo e lesioni colpose per violazione della sicurezza nei luoghi di lavoro; auto-riciclaggio; reati ambientali.
Nel 2015 è stata aggiornata la disciplina in materia ambientale e societaria prevedendo nuove ipotesi di reato e innalzando la soglia della sanzione per le imprese. In materia ambientale la legge 68/15, tra le varie modifiche, ha introdotto nel codice penale il nuovo Titolo VI-bis “Dei delitti contro l’ambiente”, prevedendo un elenco di reati, tra cui:
- inquinamento ambientale, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;
- disastro ambientale, chiunque, fuori dai casi crollo di costruzioni e disastri dolosi, abusivamente cagiona un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Oltre a considerare varie ipotesi di aggravanti e attenuanti, prevede un ravvedimento operoso ma anche la confisca, il ripristino dello stato dei luoghi, come pure sanzioni a seguito di omessa bonifica da parte di chi vi sia obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica.
Altre ipotesi di reato sono quelle relative al traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e ai casi di impedimento del controllo (che espressamente richiama anche la disciplina in materia di sicurezza e salute sul lavoro).
La legge 69/15 ha invece apportato modifiche in materia di reati societari, in tema di false comunicazioni sociali:
- per le società non quotate (art. 2621 c.c.) non è più “contravvenzione” bensì “delitto” (che significa sanzione più gravosa) e punisce amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori che per conseguire per sé o altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore. Ciò anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. I fatti elencati possono considerarsi di lieve entità tenuto conto della natura, delle dimensioni della società e delle modalità o effetti della condotta;
- per le società quotate (art. 2622 c.c.), la legge punisce amministratori, direttori generali e dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea che per conseguire per sé o altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore.
La Corte di Cassazione con sentenza 33774 del 30 luglio 2015 ha ridimensionato il reato di falso in bilancio fornendo una interpretazione letterale e stringente. L’imprenditore può essere punito solo per i fatti non veri con esclusione dell’operatività sulle valutazioni poiché il nuovo testo circoscrive la punibilità ai soli dati oggettivi. Nelle motivazione della sentenza, tuttavia, emerge la necessità di un’attente verifica degli
ambiti applicativi della nuova fattispecie di reato delle false comunicazioni sociali, ove si consideri che la maggior parte delle poste in bilancio altro non è se non l’esito di procedimenti valutativi e, quindi, non può essere in alcun modo ricondotta nell’alveo dei soli fatti materiali, come previsti dalla normativa introdotta dalla legge 69/2015.
Elenco reati
L’elenco dei reati che possono originare la responsabilità d’impresa in mancanza di un efficace Modello Organizzativo 231 è in continuo aggiornamento. Tra i più recenti provvedimenti ricordiamo ad esempio la Legge n.22 del 09 Marzo 2022 in tema di reati contro il patrimonio culturale ed il DL n.13 del 25 febbraio 2022 in ambito edilizio. Ancora prima, il Dlgs n. 184 dell’8 Novembre 2021 su frodi e falsificazioni di mezzi di pagamento elettronici.
Di seguito, una panoramica dei reati che possono generare responsabilità d’impresa.
- Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o dell’Unione Europea per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture.
- Delitti informatici e trattamento illecito di dati.
- Delitti di criminalità organizzata.
- Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio.
- Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento.
- Delitti contro l’industria e il commercio.
- Reati con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico previsti da codice penale e leggi speciali.
- Delitti contro la personalità individuale.
- Reati di abuso di mercato.
- Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.
- Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio.
- Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
- Delitti in materia di violazione del diritto d’autore.
- Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
- Reati ambientali.
- Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
- Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati.
- Reati tributari.
- Reato di contrabbando- diritti di confine.
- Delitti contro il patrimonio culturale.
- Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.
- Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
- Reati transnazionali.
Modelli organizzativi 231
Da tutto questo emerge una chiara conclusione. Tutte le imprese devono adottare un modello o comunque ripensare attività e scelte in ragione dei vincoli di legge sui processi di controllo.
Per quanto i modelli organizzativi non siano tutti uguali, spesso si ha timore di incatenare l’azienda in un sistema che impedisca di muoversi in autonomia o di affrontare un costo eccessivo e non foriero di reali vantaggi. Invece, il modello deve essere considerato un trampolino di lancio per ottenere solidità economico-giuridica tale da permetterle di poter investire nel futuro (ragionando in termini di ritorno d’investimento). È in quest’ottica che deve essere pensato il modello 231.
Così come in materia di sicurezza sul lavoro le PMI fruiscono di modelli semplificati, il medesimo approccio dovrebbe essere adottato in materia di d.lgs. 231 (sorta di grande calderone che annovera i reati che possono essere commessi nell’interesse e a vantaggio dell’ente, a fronte dei quali è ritenta responsabile.
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