Per effetto della crisi, dal 2007 ad oggi, le entrate fiscali generate dalle imprese sono diminuite e per recuperare il gettito mancante ad essere aumentate sono state le imposte sui consumi. A confermarlo è stata l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): il valore delle tasse versate dalle imprese è sceso di quasi un punto percentuale negli ultimi sette anni arrivando a toccare il 2,8% del PIL, contro il 3,6% registrato nel 2007, in parallelo è cresciuta la pressione fiscale sui privati.
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Più in particolare nei Paesi OCSE negli ultimi sette anni il totale delle imposte sul reddito delle persone fisiche è passato dall’8,8% all’8,9% del PIL, mentre le entrate generate dalle imposte sui consumi (tassazione indiretta – VAT) sono cresciute del +0,3% passando dal 6,5% al 6,8% del PIL. Ad aumentare più delle altre sono state le imposte indirette, che in media sono passate dal 17,7% al 19,2%. Questo aumento, insieme a quello della contribuzione sociale, passata dall’8,5% al 9,2% in media, fa dedurre che i risparmi delle aziende siano stati pagati dai privati.
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Fondamentalmente, fa notare il direttore del Centro di politica per l’amministrazione fiscale dell’OCSE, Pascal Saint-Amans,:
«I cittadini pagano il conto delle strategie messe a punto dalle aziende per versare sempre meno tasse».
In generale la pressione fiscale media (rapporto tra entrate e ricchezza prodotta) è passata tra il 2013 ed il 2014 dal 34,2% al 34,4%, valore più alto dal 1965, dopo essere salita di altri 1,5 punti percentuali tra il 2009 e il 2013, mentre tra il 2007 e il 2009 si è registrata una contrazione dal 34,1% al 32,7%. In Italia la pressione fiscale è calata del -0,3% nel 2014 rispetto al 2013, rimanendo tuttavia a quota 43,6%, posizionando il nostro Paese al quinto posto tra i 34 Stati Membri, preceduta da Danimarca (50,9%), Francia (45,2%), Belgio (44,7%) e Finlandia (43,9%).